Il disegno di legge sulla scuola approvato dal Governo il 12 marzo scorso intende rappresentare, secondo le parole del premier, “una rivoluzione concettuale” a cominciare dall’art. 1 che instaura la “Flessibilità didattica e organizzativa negli istituti” in base alla quale ogni scuola dovrà definire il proprio orario e avere autonomia anche economica. Saranno i dirigenti scolastici a scegliere i docenti, gestire le risorse, effettuare valutazioni, assegnare premi ai docenti (per ora solo al 5% dei docenti) . Si dovrà arrivare quindi a una gestione manageriale (non solo quantitativa, ma soprattutto qualitativa) della scuola, per migliorare l’efficienza e la qualità della formazione scolastica che nel corso degli anni è andata sempre peggiorando, anche se vi sono tanti “casi eroici” di presidi e docenti che hanno sacrificato tempo e sforzi, quasi sempre non riconosciuti, per costruire le loro “buone scuole”.
Ora il disegno di legge dovrà passare in Parlamento e ci si augura che i tempi consentano di avviare almeno parte della riforma in tempo prima dell’inizio del prossimo anno scolastico. Ma occorre preparare i dirigenti scolastici ai nuovi compiti dando loro formazione e strumenti obiettivi, e adeguati di valutazione e controllo, così come appare urgente garantire a tutti i docenti una adeguata e continua formazione. La carenza di formazione dei docenti italiani rappresenta da lungo tempo un “buco nero”, una carenza che ora rischia di aggravarsi con l’entrata “doverosa” dei 100.000 docenti stabilizzati per i quali, peraltro, non è chiaro il livello di formazione ed esperienza didattica; forse sarebbe utile fornire loro almeno un semestre di formazione prima di inserirli nella scuola.
Il DDL ha anche il merito di porre per la prima volta l’obiettivo esplicito dell’educazione informatica a tutti i livelli di scuola, dal coding al computer thinking e alle metodologie di problem solving. Ma il punto centrale della riforma è l’avvio di un processo di alternanza scuola-lavoro e dell’apprendistato. Questo è elemento determinante per consentire l’avvicinamento della scuola al mondo del lavoro e l’accesso dei giovani all’attività lavorativa. La scuola italiana ha troppo sofferto dell'eredità “gentiliana” di eccesso di “liceizzazione” orientata all’insegnamento teorico distante dalla pratica, considerata estranea agli obiettivi formativi di una cultura di base lontana dalle attività lavorative e professionali.
Questo ha contribuito all’indebolimento dello sviluppo economico e dell’occupazione del nostro Paese. Le famiglie italiane hanno a loro volta contribuito negativamente a orientare i figli privilegiando la formazione umanistica rispetto alla formazione tecnica e professionale. La didattica pestalozziana puntava a “mente,cuore e mani” e non vi è dubbio che questa debba essere la strada da percorrere. Vi sono oggi straordinarie potenzialità formative nelle nuove tecnologie digitali ed elettroniche che consentono di affiancare sviluppo della mente e manualità (oggi in gran parte persa), permettendo la nascita di laboratori didattici a basso costo in tutte le scuole per la costruzione di artefatti fisici (microrobot, sensori, applicazioni su Arduino, stampa 3D) e artefatti virtuali su web da affiancare allo studio del pensiero computazionale e all'esplicitazione di potenzialità creative da parte dei ragazzi.
La riforma parla di contratti di apprendistato per gli studenti di quarta e quinta superiore, di 400 ore per gli istituti tecnici e 200 ore per i liceali. Si svilupperanno anche laboratori del Made in Italy fuori orario e l’educazione all’autoimprenditorialità. Non possiamo che compiacerci del fatto che finalmente anche l’Italia si avvii sulla strada del Sistema Duale, una forma che caratterizza tutti i Paesi, specie dell’Europa centro-nord, dalla Svezia alla Germania. E’ l’inizio di un processo che non possiamo permetterci di non diffondere e accelerare.
In Germania l’educazione al lavoro viene vista come un percorso in totale continuità con la scuola. Educatori e imprese operano assieme per fornire agli studenti abilità e competenze trasferibili nel processo produttivo. Oltre 1,5 milioni di studenti seguono ogni anno questa formazione, tanto che il 60% dei diplomati entra in attività nell’anno stesso. La formazione “duale” è al centro del quadro strategico per la cooperazione europea dell’istruzione, come affermato nella conferenza ministeriale dell’Unione Europea a Berlino nel dicembre 2012 da cui è partita anche una collaborazione bilaterale tra Germania e Italia su questo tema con l’avvio nel 2013 di progetti sperimentali, in Piemonte sulla Meccatronica e Robotica, in Emilia ed in Liguria, per energia e trasporti, con la partecipazione di imprese. In questa direzione occorre puntare anche sugli ITS (Istituti Tecnici Superiori), fondazioni tra università, scuole e imprese attorno a un tema industriale specifico, per molti dei quali peraltro sembrano esistere ancora difficoltà attuative.
L’obiettivo del sistema duale è dunque molto attuale e strategico per il nostro Paese e su questo tema AICA ha organizzato a Genova tra il 15 ed il 17 aprile il Congresso Didamatica con il titolo Studio ergo Lavoro sul tema dell’alternanza scuola-lavoro ed il numero di marzo della rivista AICA Bricks (www.rivistabricks.it) è dedicato completamente al tema.
Bruno Lamborghini è presidente di AICA.