Meno credito e più sviluppo

  • di Ignazio Rocco di Torrepadula e Matteo Radice


  • Economia e Società


Vi è in Italia una opinione diffusa che la carenza di credito sia oggi uno dei più gravi vincoli alla crescita economica del Paese. In certe sue varianti estreme, questa linea di pensiero arriva ad argomentare che l'attuale recessione e addirittura l'intera crisi finanziaria, siano dovute a una contrazione del credito. La verità, dicono gli autori sulla base di una accurata ricerca, è all'opposto. La crisi che stiamo vivendo è nata globalmente dall'eccesso di credito, non dalla sua carenza. E l'Italia, all'interno della crisi globale, soffre di una sua specifica incapacità di generare sviluppo, che pre-esiste alla crisi di una ventina d'anni, e che è semmai aggravata, o quantomeno perpetuata, da un eccesso di dipendenza dal credito bancario. Inoltre, se si confronta il gruppo delle imprese in crescita con quello delle imprese stagnanti il risultato è particolarmente sorprendente: oltre a non produrre crescita, le imprese stagnanti nel loro insieme generano perdite sia in rapporto al capitale investito (molto più pesante di quello delle imprese in crescita – indicativo di una gestione industriale assai più tradizionale) che in rapporto ai mezzi propri. E' poi naturale domandarsi quali siano tra questi gruppi di imprese i maggiori utilizzatori di credito e la risposta è abbastanza netta: il 70% del credito bancario e finanziario è utilizzato dalle imprese stagnanti. Le imprese stagnanti sono anche meno capitalizzate e utilizzano quindi una leva più spinta (i debiti finanziari sono quasi la metà del patrimonio netto, rispetto al 38% delle imprese in crescita). In sostanza, a fronte di una allocazione ottimale del credito che vorrebbe in prima fila il finanziamento alla crescita e allo sviluppo, e il sostegno a tutti gli investimenti necessari a generare tale crescita, i dati suggeriscono piuttosto una utilizzazione del credito in larga misura destinata alla conservazione, alla parte dell'economia meno dinamica e meno sostenibile.

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