La trappola del dollaro

di Eswar Prasad  |  Martedì, 17 Dicembre 2013

Il dollaro Usa è in via di declino? Dall’inizio della crisi finanziaria globale, le speculazioni sulla sua sorte si sono diffuse con l’idea che il suo status di moneta dominante del mondo possa essere imminente. La logica sembra stringente: gli Stati Uniti devono affrontare un debito pubblico elevato e crescente, i rischi creati dall’uso non convenzionale e aggressivo delle politiche monetarie da parte della Fed e un marasma politico. Questi fattori potrebbero indurre ad aspettarsi un declino economico, che eroderebbe l’importanza del dollaro.

Eppure, si può anche argomentare che la crisi finanziaria abbia di fatto rafforzato la posizione del dollaro come deposito di valore predominante nel mondo. È vero, il suo ruolo come moneta di scambio potrebbe calare nel tempo. I mercati finanziari e gli sviluppi tecnologici stanno facilitando l’attuazione di transazioni internazionali in altre valute. Ma gli asset finanziari denominati in dollari, specialmente i titoli del governo Usa, sono ancora la destinazione preferita da parte di investitori desiderosi di salvaguardare i propri investimenti.

Come può essere che la crisi finanziaria, che ha avuto il suo epicentro negli Stati Uniti, possa avere l’effetto di rafforzare la presa del dollaro sulla finanza globale? Aumentando la domanda di asset sicuri, anche se la loro offerta nel resto del mondo è calata. Ha reso l’America il fornitore dominante. Le economie emergenti hanno un incentivo più forte che mai all’accumulo di riserve in divise estere per isolarsi rispetto alle conseguenze di flussi volatili di capitali. Le riforme dei regolamenti finanziari si sono addizionate alla domanda, dato che le banche hanno bisogno di un’offerta maggiore di liquidità per fare fronte alle esigenze di flussi di cassa.

Le prospettive per la divisa americana appaiono anche migliori quando viene posta una domanda di fondo: se non il dollaro, cosa? I titoli di Stato di molte delle altre principali economie, come l’Eurozona, il Giappone e la Gran Bretagna appaiono più incerti nella situazione che si è creata dopo la crisi finanziaria. Per di più, anche banche centrali come quelle del Giappone e della Svizzera sono impegnate in operazioni finanziarie tese a indebolire la loro valuta. E intervengono direttamente sul mercato dei cambi per prevenire un rafforzamento valutario, aumentando, anziché soddisfacendo la domanda di attività sicure proveniente dal resto del mondo.

Può sembrare che la “trappola del dollaro” rappresenti un equilibrio instabile con grandi rischi per l’economia globale. Ci si può immaginare diversi scenari di situazioni estreme che potrebbero precipitare un crollo del dollaro. Ma ciascuno di essi avrebbe conseguenze dannose per ogni singolo Paese di questo mondo. La stessa paura delle devastazioni che ciò porterebbe è paradossalmente stabilizzante.

Tutto ciò ha implicazioni importanti per le imprese, specie per le multinazionali e le istituzioni finanziarie con rilevanti operazioni internazionali. I manager dovrebbero attendersi che gli scambi e le transazioni finanziarie vengano sempre più intermediati nelle valute dei Paesi interessati anziché in dollari. Il renmimbi cinese, per esempio, sta rapidamente salendo d’importanza come moneta di regolamento dei pagamenti internazionali.

Con l’aumento della volatilità dei flussi di capitale e delle valute, coprirsi rispetto all’esposizione in valute multiple diventerà sempre più importante. Dovremmo anche attenderci di vedere il valore del dollaro riprendere a declinare rispetto alle monete di economie emergenti a causa dei differenziali nella crescita della produttività tra gli Stati Uniti e queste economie.

Ma non aspettatevi un declino del predominio del dollaro. Soprattutto per il desiderio di un’alternativa migliore, resterà ancora a lungo la valuta di riserva dominante.

 

 
Eswar Prasad
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