Sessanta mesi dopo la fine della recessione del 2008, l’economia continua a registrare lenta crescita e occupazione. Le aziende sembrano bloccate: malgrado tassi d’interesse bassi, mantengono una liquidità enorme ed esitano a investire in nuove iniziative. In quest’articolo l’esperto d’innovazione Christensen con il collega Van Bever esplora le ragioni della situazione.
Il punto cruciale, dicono, è che investimenti in tipi diversi di innovazione hanno effetti diversi sulla crescita ma sono valutati con le stesse dubbie metriche. Le innovazioni che migliorano le performance, che sostituiscono modelli nuovi a vecchi, e le innovazioni per l’efficienza, che riducono i costi, non generano molti posti di lavoro, o ne eliminano. Le innovazioni creatrici di mercati, che trasformano i prodotti così radicalmente da creare nuove classi di consumatori, generano occupazione per chi investe e per l’economia. Ma le metriche usate dai mercati finanziari (e dalle aziende) considerano sempre come migliori le innovazioni per l’efficienza e la performance.
Questo è il dilemma del capitalista. Fare la cosa giusta per la prosperità a lungo termine è la cosa sbagliata per gli investitori, secondo gli strumenti che indirizzano gli investimenti. Ma questi strumenti si basano su ipotesi infondate: che il capitale scarseggi e che la performance vada misurata dall’efficienza nell’uso del capitale. La verità è che non è più una risorsa scarsa, cosa che gli strumenti devono apprendere a considerare.