Conquistare l'attenzione del cliente: le nuove prospettive dell'attention economy

di Francesco Gallucci  |  Lunedì, 12 Gennaio 2015

Immaginate di avere un'idea (o un prodotto), ma nessuno tranne voi ne è a conoscenza. Quindi, voi e la vostra idea (prodotto) non esistete nella comunità scientifica (nel mercato). Per essere percepiti si deve attirare l'attenzione dei destinatari. L'importanza di essere percepiti in modo efficace non è solo l'esperienza aziendale quotidiana di chi comunica, ma una caratteristica di base del mondo in generale. Attirare l'attenzione è un pre-requisito per fare business, per vincere le elezioni o per dare forma alla società. Nel mondo post-moderno contano solo le idee, le merci, le persone e le imprese che sono visibili e comunicano informazioni.

Ma quante sono le informazioni disponibili? Il numero di informazioni che ci raggiungono è aumentato in modo esponenziale negli ultimi quindici anni. Concorrono a tale tendenza alcuni fenomeni solo in parte dipendenti: aumento dei canali televisivi digitali e della telefonia mobile, il boom dei videogiochi e soprattutto la crescita delle nuove forme di comunicazione e di informazione.  Secondo IDC (Digital Universe - Extracting Value from Chaos, 2011) le informazioni distribuite dal web raddoppiano ogni due anni. E' una crescita che supera addirittura la legge di Moore. Il fenomeno è stato misurato. Le informazioni digitali presenti nella Rete nel 2011 erano pari a 1.8 zettabyte di dati, si tratta di un volume di dati equivalente a oltre 200 miliardi di film HD (della durata di 2 ore ciascuno) che richiederebbero a una persona 47 milioni di anni per guardarli tutti ininterrottamente. L’informazione è quindi una risorsa potenzialmente infinita. 

L'attenzione è una risorsa scarsa ma la visibilità è una necessità. 

Ma se l'informazione non ha limiti di crescita lo stesso non si può dire della nostra attenzione che è una risorsa finita, probabilmente la più scarsa sul nostro pianeta, ed è contesa tra decine di attori. È stato Herbert Simon, premio Nobel per l’economia, a notare già nel 1971 che l'overload di informazione disponibile genera scarsità di attenzione. L’informazione consuma attenzione e  bisogna quindi allocarla in modo efficiente ma è anche difficile da ottenere. La prima conseguenza cognitiva dell'overload è l'impoverimento della nostra attenzione, perché siamo costretti a distribuirla tra tutte le fonti d’informazione con cui viene a contatto. A farne le spese sono anche le marche e i prodotti. Per le marche è sempre più difficile farsi vedere e farsi ascoltare, soprattutto per quelle che investono molto in comunicazione. Nei paesi anglosassoni l'equazione visibilità = vendita è espressa dal motto unseen, unsold. In effetti, non essere visti in un contesto comunicativo affollato è ben più che un rischio, è un suicidio. 

Per essere visti occorre fornire al cervello informazioni di qualità, consapevoli che esso dispone di un filtro cognitivo capace di distingue ciò che è rilevante per la persona da ciò che non lo è e lo conduca alla decisione con il minor rischio di errore. In definitiva, un messaggio efficace dovrebbe essere narrativo, emozionale, privo di ambiguità e molto semplice, per consentire al cervello umano di raccogliere rapidamente le poche informazioni-chiave per elaborare un giudizio con il minore sforzo cognitivo possibile.

Un nuova metrica per il marketing: la quota di attenzione

Poiché l'attenzione dei consumatori è diventata l'oggetto del desiderio di tutti, è importante capire che occorre una nuova metrica, la quota di attenzione, che consenta di verificare qual è la performance della marca nel nuovo mercato dell'attenzione. Non si tratta di una metafora ma di una concreta possibilità di analisi per il marketing. Costruire una nuova strategia dell'attenzione vuol dire, prima di tutto, comprendere quali sono le reazioni cognitive ed emozionali dei consumatori ad un messaggio e poi individuare che cosa attrae la loro attenzione e perché. Occorre molto impegno e la disponibilità ad usare nuovi e più raffinati strumenti, quali l'eyetracking (misurazione dei punti di attenzione) o l'eeg-biofeedback (analisi delle reazioni cognitivo-emozionali dei consumatori), per capire cosa muove l'interesse inconscio dei consumatori. Senza impegno non vi è alcuna possibilità di costruire un rapporto più profondo con i propri clienti, tanto meno vendergli qualsiasi cosa. Senza la consapevolezza e la conoscenza infatti non  può esserci alcuna azione efficace e di successo.

 

Francesco Gallucci è Direttore Scientifico del Laboratorio di Neuroscienze della Fondazione Gtechnology, Coordinatore del Dipartimento di Neuromarketing di A.I.S.M. Associazione Italiana Marketing, già Professore di Marketing Strategico, Sociologia della Comunicazione e Filosofia del linguaggio (Politecnico di Torino).

 

 

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