E-payment: gli intermediari, la moneta e il terzo incomodo

di Roberto Cornetta  |  Lunedì, 12 Gennaio 2015

 

Anche nel nostro Paese, sia pure a ritmi ridotti, prosegue la spinta verso la modernizzazione di sistemi e strumenti di pagamento. Il fenomeno è costantemente oggetto di specifiche politiche europee dedicate al settore e-payment ed è infoltito di numerosi interventi normativi, talvolta estranei alla finalità di rendere competitivo e accessibile il mercato dei pagamenti. Si tratta, in alcuni casi, di misure piuttosto estemporanee, assunte senza una preventiva valutazione d'impatto e dettate da alcune emergenze o da pressioni di specifiche categorie.

Nel descrivere la rivoluzione tecnologica che ha favorito la creazione della moneta elettronica, si preconizzano altrettanti scenari epocali di abbandono del contante. In realtà come spesso accade in epoche mediatiche ridondanti, percezioni e tendenze al cambiamento determinerebbero virtualmente l’avveramento di condizioni che, a un più attento esame, non si sono (ancora?) realizzate. I requiem all’uso del contante risalgono agli anni  ’50, con l’introduzione virtuosa delle carte di credito, e poi agli anni ‘70 con lo sganciamento del biglietto verde dalla provvista in oro. Il dibattito socio economico, sin dal premio Nobel Buchanan, più che alla sostituzione di valuta con un’altra mirava (con i movimenti anarco-capitalisti del liberismo esagerato) all’abolizione delle Banca Centrali le cui politiche avrebbero seriamente limitato la concorrenza e i benefici per i consumatori. Non è stato così. Anzi, si è verificato l’esatto contrario, con interventi delle autorità centrali sempre più incisivi.

Di qui l’esigenza di allineare le implicazioni pubblicistiche che permeano l’attività dell’intermediario finanziario alle pressioni competitive di nuovi soggetti che propongono in rete un’alternativa all’intermediazione monetaria. Le innovazione susseguitesi con l’uso di strumenti alternativi al contante pongono spesso i medesimi interrogativi, con riguardo alle modalità attraverso le quali i  nuovi strumenti e le istituzioni di pagamento vengono inclusi coerentemente nel sistema. Proprio perché si tratta di fenomeni sistemici, le previsioni e le preferenze non sono idonee di per sé a spostare offerta e domanda, ma subiscono necessariamente gli effetti di altri fenomeni economici e di regolamentazioni giuridiche apparentemente estranee all’obiettivo. 

Da un esame dell’andamento 2001- 2013 della spesa in contanti in USA, Francia, UK, Spagna, Italia, Germania, Svezia, Portogallo, Turchia e Polonia risulterebbe che il consumo del contante è  – con le dovute differenze tra Paesi - sempre  aumentato negli anni, in misura più che proporzionale rispetto ai pagamenti elettronici. Italia, Portogallo, Francia e USA, espongono incrementi maggiori nell’uso del contante, a fronte di una graduale e costante riduzione dei Paesi più a nord, con in testa la Svezia. In Italia l'87% delle transazioni effettuate nel 2013 è ancora in contanti, anche se è dato registrare un incremento costante di mezzi alternativi. Le previsioni in realtà erano di segno inverso nel torno del XXI secolo. Sennonché, i fattori sopravvenuti che hanno smentito le attese, e premiato il contante rispetto alle diverse modalità di adempimento di obbligazioni pecuniarie, si nascondono tra le pieghe di una crisi globale e in particolare andrebbero ravvisati tra gli esponenziali aumenti di disoccupazione, soprattutto tra i giovani, che costituiscono, tra l’altro, il gruppo di consumatori più propensi all’uso di tecnologie informatiche. 

A rallentare  l’allineamento tra sviluppo tecnologico  di nuovi mezzi di pagamento e le propensioni dei consumatori non sono unicamente i normali limiti culturali e le implicazioni macroeconomiche connesse alla crisi. Sono infatti mutati in questo decennio anche i parametri normativi comunitari per la valutazione del merito creditizio dei clienti di banche e di società finanziarie, con l’inevitabile aumento dell’utilizzo di contante e per quei soggetti espulsi dal mercato. L’esponenziale incremento dell’uso di carte di debito a discapito delle carte di credito, in fondo potrebbe implicitamente confermare le difficoltà di ricorso al mercato finanziario e in questo caso testimoniare la contrazione di credito in atto.  

In Italia 15 milioni di cittadini non hanno alcun rapporto bancario, per via della crisi economica e delle più selettive politiche di accesso al credito e più in generale al sistema bancario. L’esercito degli esclusi è poi alimentato da 3,5 milioni dei 5 milioni di stranieri che vivono in Italia. Si sono ridotti i consumi e sono aumentati i fenomeni di riciclaggio (quasi duplicate le segnalazione di operazioni sospette al MIS nel primo semestre 2014). 

In attesa di poter lasciare alle spalle la crisi, le autorità comunitarie e nazionali proseguono i  perfezionamenti correttivi dell’impianto ad oggi costituito da due direttive comunitarie: quella  del   2007/64/CE, (c.d. Direttiva PSD) e quella del 2009/1 IO/CE (c.d. Direttiva IMEL). In particolare, la prima ha avuto soprattutto il pregio di aprire il mercato dei servizi di pagamento anche a operatori non bancari, prevedendo che i nuovi istituti di pagamento possano operare come intermediari di pagamento, previa autorizzazione delle autorità competenti, nell'ambito di un "regime semplificato" rispetto a quello degli istituti bancari (per le attività che rientrano nell'ambito del c.d. positive scope). La direttiva della nuova PSD, presto in vigore, individua un nuovo assetto soggettivo e oggettivo con la delimitazione dell'esenzione relativa ai contenuti digitali esclusivamente a quei servizi di pagamento accessori prestati dai fornitori di reti o di servizi di comunicazione elettronica sulla base di determinate soglie di pagamento. 

In buona sostanza, la novità è che i prestatori di tali servizi, e quindi le compagnie telefoniche, saranno sottoposti alle stesse norme di regolamentazione e vigilanza applicabili a tutti gli altri istituti di pagamento. Si tratta di un riallineamento dei concorrenti in gara con l’intento di consentire uno sviluppo armonico dei due principali servizi di mobile payment (mobile remote payment e mobile proximity payment) che riguardano rispettivamente le operazioni di pagamento di un bene o servizio tra esercente e cliente, da questo attivate a distanza attraverso il telefono cellulare, e le operazioni di pagamento eseguite avvicinando il dispositivo mobile, dotato di tecnologia NFC (Near Field Communication) a un lettore POS (point of sale) presso il punto vendita.

A voler trarre conclusioni, una prima interlocutoria constatazione è che aumenta l’accesso di  popolazioni a internet, e cresce il ricorso a strumenti elettronici di pagamento alternativi di mobile payment o di proximity payment. Per ora si tratta di micropagamenti ma ci si può spingere a ipotizzare che il trend in crescita influenzerà quei mercati che vedono ancora incontrastato il dominio delle carte di pagamento tradizionali (carta di credito e di debito). E’ probabile che il sistema bancario e gli altri intermediari debbano riflettere in merito all’aspirazione che accomuna consumatori e venditori a fenomeni di “disintermediazione” dei sistemi di pagamento auspicati da certa letteratura economica e giuridica, e testimoniati da prassi in Paesi a più elevato contenuto tecnologico. Così come si può pensare che i fenomeni di social lending di cui si avverte l’esigenza non più solo nei Paesi emergenti, possano trarre vantaggio dallo sviluppo di piattaforme dedicate.

Si è distanti anni luce dalla sistematicità  di fenomeni monetari alternativi (descritti in epoca non sospetta in Denationalization of Money dal premio Nobel Friedrich Hayek già nel 1977), come la recente diffusione dei bitcoin, ma occorrerà pur farsi qualche domanda se i più importanti merchant, da Amazon a Dell, CVC, Ebay, Virgin, Expedia, accettano bitcoin per il pagamento di beni e servizi. Nel 2012 la BCE aveva ritenuto di non approfondire le analisi sui bitcoin perché scarsamente diffusi, salvo poi un anno dopo  ritornare sui propri passi, considerato il dilagare alla fine del 2013 degli scambi di bitcoin in dimensioni tali da allarmare le Banche Centrali di molti Paesi: preoccupano tuttora l’anonimità, la volatilità e la liquidità, anche se chi ha ideato il sistema ha escluso il rischio di creazione di liquidità incontrollata, ponendo un tetto al circolante.

Negli Stati Uniti il trend di fare a meno dell’intermediario nella fase di pagamento si manifesta attraverso l’internalizzazione di fasi che temporalmente incedono tra la domanda e l’offerta.   L’intermediazione nel pagamento soprattutto nei mercati di beni e servizi di largo consumo viene espunta dal rapporto tra venditore e consumatore. Sembrerebbe per la prima volta nella storia che i cambiamenti e gli sviluppi in campo monetario non siano più guidati da banche o altri intermediari ma da nuovi protagonisti. 

Tanto per citare un esempio, nel gennaio 2015 sarà operativa la joint venture societaria costituita dai principali rivenditori di beni di consumo di massa. Parliamo di Merchant Customer Exchange (“MCX”) partecipata da colossi quali WalMart, Target, CVC, Sears, Lowe’s, Sunoco, Wendy,  Shell e molti altri, per ricavi aggregati di oltre un trilione di dollari. La piattaforma tecnologica rappresentata da un’applicazione per smartphone svincolata dalla tecnologia NFC, denominata CurrentC e aperta all’adesione dei rivenditori, fa a meno della tradizionale intermediazione finanziaria. E’ un evento rivoluzionario per la dimensione ed è anche emblematico della reazione dei giganti della grande distribuzioni alle tensioni e ai contenziosi storici con gli emittenti di carte di pagamento in questi anni. Ma non è tutto qui. La scelta di un accordo tra i grandi distributori concorrenti nel mercato USA, rappresenta anche quel fenomeno di integrazione verticale del sistema di pagamento a livello aziendale con eventuali e non dimostrati risparmi indiretti per i consumatori, ma con enormi vantaggi per le imprese attraverso la costituzione di un fortissimo strumento di fidelizzazione, che ad oggi non ha riscontrato obiezioni sul piano della violazione del diritto antitrust nordamericano. La piattaforma MCX esclude tout court il coinvolgimento delle carte di pagamento, proprio per evitare di far pagare ai rivenditori le provvigioni. L’applicazione utilizza invece le informazioni di dettaglio dei conti correnti attraverso l’addebito diretto, più o meno come accadeva con i RID o la SEPA. Se si tratti dal punto di vista del diritto antitrust di pratiche lecite o escludenti di concorrenti in mercati alternativi di pagamento (ad esempio nei negozi  CVS and Rite-Aid, entrambi partners di CurrentC, è precluso ai consumatori il pagamento con Apple Pay) o di pratiche omninclusive, entrambe vietate dalla Guidelines statunitensi del 2000, lo si potrà comprendere a breve una volta avviato l’utilizzo della piattaforma. Intanto, l’erosione del sistema tradizionale di pagamenti a mezzo carte procede in quasi tutti i Paesi e PayPal si costituisce la propria banca di diritto comunitario in Lussemburgo per rispettare il principio della riserva di legge per intermediari emittenti e istituti di pagamento. 

 

Roberto Cornetta è avvocato nello Sudio Legale Ranieri, Guaccero, Cornetta.

 

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