La banca come piattaforma

di di Carlo Murolo  |  Mercoledì, 18 Febbraio 2015

 

Forze come la tecnologia e la regulation stanno cambiando il sistema bancario, ma il recupero di redditività e competitività può nascere solo da profonde trasformazioni culturali e di business model che potrebbero spingere il sistema verso il concetto di “bank as a platform”. E’ opinione diffusa che l’industria dei servizi finanziari stia cambiando per effetto di forze globali in grado di ridefinire il concetto di banca. A partire dall’esplosione del digital, che apre la strada a nuove modalità di servizio e interazione con clienti e prospect, facilitando l’ingresso di attori privi di ingombranti legacy tecnologici. I consumatori apprezzano quindi sempre più modelli di business aperti e trasparenti, in un momento in cui il livello di trust nel sistema bancario è ai minimi storici. Il tutto nel contesto di una crisi finanziaria che ha innescato una nuova ondata di regolamentazione sul capitale e liquidità, mentre parallelamente il mercato dei servizi bancari - come i payment - è sempre più aperto a operatori esterni. La presenza di una zero economy (basso livello dei tassi, assenza di inflazione, crescita contenuta, …), infatti, innesca una pericolosa spirale nei conti economici delle banche.

Ma questi sono veramente elementi di cambiamento o sono solo gli amplificatori di una trasformazione sotterranea che impatta i razionali di fondo del banking? Analizzare il contributo di tecnologia e regulation al processo di cambiamento può aiutare a rispondere a questa domanda.

La prima richiede enormi investimenti di adattamento, e nel contempo diventa sempre più una commodity. Il banking è un information business, e la sua natura digitale lo espone al rischio di essere facilmente replicabile, almeno in aree relativamente poco complesse, e soggetto alle leggi del freemium. Come conseguenza l’utilizzo della tecnologia sarà sempre meno un vantaggio competitivo, e sempre più una condizione essenziale per sopravvivere, stabilizzando i ricavi e comprimendo i costi.

In secondo luogo la regolamentazione a livello europeo tenderà ad essere sempre più omogenea, livellando il playing field ed aprendo la strada a competitor più efficienti ed attrattivi.  Abiliterà probabilmente operazioni di M&A ma difficilmente porterà a vantaggi competitivi per singole realtà.

Ci deve essere dell’altro, qualcosa di ancora embrionale ma che sta cambiando alla radice il sistema bancario e che probabilmente si manifesterà compiutamente nei prossimi anni.

E’ in atto una trasformazione. Fino ai primi anni duemila solo la banca svolgeva processi di banking, o perché regolamentati oppure perché implicavano grosse economie di scala o di competenza. Oggi assistiamo a un numero sempre crescente processi di banking fatti da non-banche a prezzi e qualità di servizio che trovano pronti i consumatori ad effettuare scelte più disruptive: l’area dei pagamenti è stata storicamente la prima ad assistere a questo fenomeno, con soluzioni per carte fisiche e wallet, come Square, Jusp, PayPal, e la recente Apple Pay.

Ispirate dal paradigma social, si stanno inoltre affermando soluzioni di P2P in area credito e insurance, come The Lending Club, Smartika e Friendsurance. Anche sui mobile store fioriscono soluzioni sempre più perfezionate e intuitive di Personal Finance Management, come Mint, Spendee e Manilla. La prossima ondata prevista è quella dei current account sovranazionali come Ipagoo, con punti di forza su multicurrency e real time, incarnazione di un mercato in cui i confini geografici perdono progressivamente valore.

Ma come si manifesterà compiutamente questa trasformazione? Come le banche dovranno adeguarsi al “divorzio” dal banking? Il settore dovrà cambiare “cultura”, pensando anche al di fuori della propria comfort zone, andando a cercare quegli spazi che pur essendo in qualche modo correlati ai banking process, non costituiscono storicamente il DNA delle istituzioni bancarie. Si affiancheranno in un unico ecosistema non-banche che fanno processi di banking e banche che andranno oltre i tradizionali processi di banking.

Se questo è il futuro, il modello operativo della banca dovrà essere una piattaforma integrata di idee, processi, tecnologia e dati, a cui saranno agganciati servizi a valore aggiunto che estendano la copertura dei fabbisogni dei clienti a 360°.

E’ questa la strada intrapresa da BBVA, che ha creato un ambiente dedicato a sviluppatori esterni, lanciando una Hackathon e dando a chiunque la possibilità di sviluppare app interfacciate con la banca. Questa architettura “App based” apre la strada a contaminazioni esterne e a possibili nuovi modelli di revenue generation, basati sulla capacità della banca di essere intermediario nella soddisfazione dei bisogni dei suoi clienti.

E’ un contesto in cui il settore bancario tradizionale mantiene numerosi vantaggi competitivi importanti: customer base, capacità di investimento, possibilità di attivare o acquisire competenze, reputazione, una rassicurante presenza fisica, ed enormi moli di dati.

Insomma, essere sul mercato da 500 anni è importante: una strategia che integri la forza degli asset tradizionali e l’applicazione del paradigma della “bank as a platform” potrà ancora dare alle banche una posizione di vantaggio nei confronti dei nuovi competitor.

 

Carlo Murolo é Partner Deloitte, responsabile del Banking.

 

 

 

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