Fino a vent'anni fa la sudcoreana Samsung Electronics fabbricava per altre aziende prodotti elettronici di imitazione e a basso costo.Le priorità dei suoi leader erano rapidità, alti volumi e affidabilità. I pochi designer presenti in azienda erano dispersi nelle aree ingegneria e nuovi prodotti e non godevano di uno status particolarmente elevato in un'organizzazione che puntava tutto sull'efficienza e il rigore ingegneristico.
Ma nel 1996 Lee Kun-Hee, presidente del Samsung Group, frustrato dalla scarsa capacità di innovazione dell'azienda, concluse che per diventare un marchio di punta le servivano competenze nell'ambito del design, che egli riteneva sarebbe diventato «il principale campo di battaglia della competizione globale nel Ventunesimo secolo». Egli avviò dunque la creazione di una cultura centrata sulla progettazione che desse impulso a un'innovazione in grado di rendere l'azienda competitiva a livello mondiale. Ma introdurre una cultura che punti all'innovazione senza rinunciare alla qualità ingegneristica non è affare semplice in quanto significa gestire una serie di tensioni molto reali.
Il successo di Samsung in questa transizione si fonda su una singola decisione precoce, quella di formare le competenze di design necessarie all'azienda al suo interno piuttosto che importarle da fuori. Gli autori descrivono come Samsung ha creato un corpo di designer motivati e capaci che ha vinto le resistenze interne mettendo in campo gli stessi strumenti da essi impiegati nello sviluppo dell'innovazione: empatia, visualizzazione e sperimentazione sul mercato.