Se i Big Data dicono tanto di noi alle aziende

di Gianni Barlacchi e Fabrizio Puddu

  |  Mercoledì, 03 Febbraio 2016


Oggi siamo in una un’epoca in cui essere connessi è alla base di tutto. Tutti gli eventi più o meno importanti della nostra vita, pubblica e privata, sono spesso pubblicati sui social network e le nostre tracce social sono una fonte di informazioni per le aziende che, attraverso i social, promuovono se stesse ed i loro prodotti. Questo e di molti altri temi saranno al centro della Masterclass in Strategia Digitale che Harvard Business Review Italia e Formacom  organizzano a Milano il 12 e 13 febbraio (per informazioni e prenotazioni: www.hbritalia.it/corsi.html). 
Con le nostre attività lasciamo traccia delle nostre relazioni attraverso il telefono cellulare, dei nostri interessi navigando sul web e, addirittura, della nostra attività fisica con l’utilizzo dei dispositivi wearable come gli orologi. Tutta questa informazione, se analizzata nel complesso può essere vista come un potentissimo microscopio che può aiutare a capire e predire importanti fenomeni della società in cui viviamo. Nell’era dei Big Data - quei dati talmente grandi che non possono essere analizzati con le comuni tecniche a cui siamo abituati - ricercatori, ingegneri e aziende hanno la possibilità di sfruttare questa quantità di informazioni per risolvere sfide vecchie del passato e nuove del futuro. Fino a qualche anno fa, ad esempio, predire la criminalità di una città era una fantasia che solo nei film si poteva immaginare. Oggi, grazie all’intelligenza artificiale applicata sulla grande quantità di dati di cui disponiamo, si è dimostrato come sia invece possibile capire dove è più probabile che avverrà un crimine.
Se da una parte il mondo della ricerca si impegna a risolvere ogni giorno sfide scientifiche avvincenti, anche il mondo industriale non rimane certo indietro. Investire nella ricerca in ambito Big Data è una pratica al top nelle agende delle imprese. Dalle big come TIM con la sua rete di Joint Open Lab fino  alle piccole e medie startup, tutti stanno aprendo i propri reparti di ricerca e sviluppo per arrivare sul mercato con tecnologie sempre più all’avanguardia. E se prima alle conferenze internazionali i lavori di spicco provenivano dalle migliori università del mondo, recentemente si sta assistendo a un nuovo fenomeno in cui molti dei lavori rivoluzionari che vengono presentati provengono proprio dai centri di ricerca e sviluppo aziendali. 

Maestri in questo, sopratutto grazie anche alla enorme quantità di dati di cui dispongono, sono Google, Facebook e IBM. Con i dati che quotidianamente vengono raccolti dai dispositivi elettronici non c’è limite alla fantasia. Alcuni ricercatori del gruppo Mobile and Social Computing Lab della Fondazione Bruno Kessler e dell’Università di Trento hanno, per esempio, realizzato un algoritmo capace di predire la personalità semplicemente analizzando la persona durante una breve presentazione di se stessa. Navigando sul web lasciamo traccia dei nostri interessi, e queste informazioni vengono raccolte dai vari siti e portali per proporci pubblicità sempre più mirata. Come Amazon che, incrociando le nostre preferenze e i nostri acquisti con quelli di altri utenti, riesce ad indirizzare le nostre ricerche e proporci gli oggetti che vorremmo acquistare ancora prima di averli ricercati 
I Big Data hanno bisogno di nuove figure professionali per essere interpretati e utilizzati, sono quei Data Scientist di cui, con un ritardo di alcuni anni, anche nel nostro Paese si è percepito il valore, e sono figure ormai molto ricercate nel mercato del lavoro. 

Il fenomeno dei Big Data è ormai globale e giocherà un ruolo determinante nel nostro futuro, ma come in tutte le grandi rivoluzioni, abbiamo dei pro e dei contro. A fronte di servizi sempre più intelligenti che ci semplificano la vita, siamo chiamati a cedere molta parte della nostra vita privata annullando così la privacy personale. Su questo problema, a tratti inquietante, molti legislatori di tanti paesi stanno discutendo per creare delle norme che sensibilizzino gli utenti su cosa può comportare una cessione delle informazioni personali e sulle conseguenze che tutto ciò ha nella nostra vita quotidiana.

 

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