Manager, formazione, professione

  • di Enrico Sassoon


Il tema è ricorrente, la soluzione sfuggente. Il management è una professione? Se lo chiede Richard Barker, uno che ha qualche titolo per porre la domanda poiché è stato responsabile del programma MBA all’Università di Cambridge. La sua risposta è inequivocabile: no, il management non è una professione. La medesima opinione è sostenuta con forza polemica anche da Henry Mintzberg, nell’intervista qui pubblicata. Il management non è una professione, un MBA non insegna a fare il manager, anzi, può anche fare danni perché dà l’illusione che basti frequentare un corso universitario per sapere poi gestire.Sono opinioni forti che si basano su alcune argomentazioni che non è facile smontare. Va detto però che né Barker né Mintzberg contestano che il manager debba avere competenze specifiche di tipo funzionale, quelle che occorrono per svolgere il lavoro di cui si è incaricati. Il punto cruciale riguarda la possibilità di insegnare a gestire un’organizzazione dove le competenze specifiche sono multiple e dove la combinazione tra queste e la realtà in evoluzione non è qualcosa che “si insegna”, ma solo qualcosa che “si apprende”.La distinzione tra insegnare e apprendere è cruciale: un corso MBA può insegnare qualcosa di utile, ma non può insegnare a essere un manager; per contro, se all’interno di un corso MBA vi sono persone con esperienze e competenze diverse e avanzate, allora lo scambio tra di esse consente una crescita professionale feconda che apre la strada all’apprendimento. Non è dunque una questione di programmi ma di contesto: i primi si insegnano, il secondo consente l’apprendimento attraverso l’integrazione.Insomma, se medici, avvocati, ingegneri o architetti necessitano di un insegnamento professionale specifico – e la loro istruzione è di carattere strettamente professionale – i manager necessitano di una conoscenza di base, ma soprattutto di una forte esposizione all’esperienza, propria e altrui. L’istruzione è, in questo senso, utile ma non necessaria, poiché è innegabile che vi siano dei formidabili manager senza MBA e/o senza laurea.I lettori ricorderanno il dibattito che si è svolto su Harvard Business Review Italia nel mese di marzo 2009, a seguito dell’articolo di Khurana e Nohria dell’ottobre 2008 dal titolo “E’ ora che il management diventi una vera professione”. I due autori sostenevano la tesi opposta a quella di Barker e Mintzberg: specie in conseguenza degli scandali di Wall Street e della crisi finanziaria ed economica, emerge come necessità che i manager seguano percorsi formativi definiti e aggiornamenti professionali ricorrenti, rispondano a ordini professionali che si facciano garanti rispetto al pubblico della loro competenza e della loro eticità, seguano codici di comportamento ben delineati rispetto ai quali le inosservanze possano venire sanzionate.Su tutti questi punti il dissenso di Barker e Mintzberg è netto: non esistono dei confini definibili di una disciplina del management, né se ne possono fissare; non ci sono, né dovrebbero essere introdotti, meccanismi di formazione né tantomeno di controllo. Insomma, il management non è una professione e ogni tentativo di renderla tale sarebbe un disastro. Su tutto questo è aperto il dibattito e i lettori di HBR sono caldamente invitati a prendervi parte, inserendo i loro commenti nell’area dedicata del nostro sito web (www.hbritalia.it) o di quello internazionale ( www.hbr.org). Nei prossimi mesi torneremo sull’argomento e pubblicheremo la sintesi di quella che è una discussione che viene da lontano e che non si esaurirà tanto presto.

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