Per più di un secolo le start-up hanno esordito concentrandosi sul mercato domestico. Oggi, però, nascono sempre più frequentemente già globali e vanno a caccia delle opportunità che si creano anche a distanza, imparano a gestire attività situate in altre parti del mondo e cercano le localizzazioni produttive più convenienti del pianeta, i talenti più brillanti, gli investitori più disponibili e i clienti più profittevoli dovunque possano trovarsi, fin dal primo giorno di attività.Tutto questo, comunque, non è facile. Nella sua ricerca, il professor Isenberg di Harvard ha scoperto che le start-up hanno di fronte tre sfide principali. Anzitutto ci sono i problemi logistici e le barriere psicologiche creati dalla distanza e dalle differenze culturali, linguistiche, educative, religiose e relative ai livelli di sviluppo economico. Anche una cosa apparentemente semplice, come raccordare i vari programmi di lavoro settimanali su scala internazionale, può diventare problematica per lo staff di una piccola start-up. In secondo luogo, bisogna gestire i problemi (e le opportunità) del contesto, vale a dire gli ambienti politici normativi, giudiziari, fiscali e lavorativi dei diversi Paesi. In terzo luogo, come tutte le nuove iniziative commerciali, le start-up globali devono trovare il modo di competere con aziende già affermate di maggiori dimensioni, usando risorse molto più limitate.Isenberg ha scoperto che, per avere successo, gli imprenditori globali devono coltivare quattro competenze: devono articolare chiaramente le ragioni che li inducono a diventare globali; imparare a costruire delle alleanze con partner più potenti; eccellere nella gestione della supply chain internazionale; e creare una cultura multinazionale all’interno della propria organizzazione.Gli imprenditori non dovrebbero temere il fatto che il mondo non è piatto. La globalizzazione non si addice ai deboli di cuore, ma anche le start-up possono prosperare utilizzando la distanza per conquistare un vantaggio competitivo.(Titolo originale: The Global Entrepreneur, HBR, December 2008)