I pasticcioni della complessità

di Paolo Magrassi  |  Lunedì, 15 Novembre 2010

Se la tavolozza del vostro Bullshit Bingo langue, eccovi qualche nuova idea: teoria della complessità; caos deterministico; riduzionismo; causalità circolare; ordine dal caos; autopoiesi; neghentropia. Proveniente dal mondo scientifico, questa armata di paroloni è diventata un blob pericoloso nelle mani di terroristi culturali maldestri che vi faranno perdere molto tempo. Perché è vero, certamente, che il mondo sta diventando sempre più complesso, ma le contromisure da prendere hanno poco a che fare con il latinorum dei guru pasticcioni.È bene non confondere, qui, complicato con complesso.

Un problema è complicato quando si fatica a risolverlo perché contiene un gran numero di parti nascoste che vanno scoperte una a una. È complesso, invece, quando le sue parti, poche o tante che siano, si influenzano reciprocamente.L’anatomia umana è complicata; la fisiologia, complessa. L’internet, con le sue ragnatele e le sue nuvole, è complicata, come lo è lo schema di un computer o l’algoritmo che pianifica gli approvvigionamenti per la distinta base di un’automobile. Al confronto il Cubo di Rubik, che di parti ne ha solo 27, sembra un gioco da ragazzi. E invece è difficile: perché? Perché è complesso, le parti sono interrelate: la configurazione di ogni singola faccia influenza quelle delle altre cinque.Se abbiamo abbastanza tempo a disposizione, tutti i problemi complicati sono risolvibili.

Quelli complessi, invece, salvo i problemi-giocattolo come il Cubo di Rubik, in teoria non lo sono mai e bisogna sempre ricorrere ad approssimazioni. Notate che ho detto: IN TEORIA.La pratica, è tutto un altro mondo. Quello che i guru della “complessità per manager” non sanno è che alle approssimazioni si ricorre anche in assenza di complessità. La statistica, per esempio, è un’approssimazione: le assicurazioni, il superenalotto, le missioni spaziali, la farmacologia sono tutte applicazioni basate su approssimazioni statistiche.Le previsioni del tempo sono in teoria impossibili, perché i sistemi da esaminare sono complicati e molto complessi. E invece, in pratica, riusciamo a farle benone. Come mai? Perché le approssimazioni alle quali ricorrono i meteorologi sono accettabili nella maggior parte delle applicazioni.Ora, si dà il caso che il mondo diventi davvero sempre più complesso, a causa del formidabile e crescente numero di interconnessioni. I mercati finanziari, le economie, le reti sono interconnessi. I consumatori lo sono e influenzano i rispettivi comportamenti attraverso forme di comunicazione di ogni sorta, come social network, blog, messaggistica.

Crescente interconnessione significa che gli attori economici stanno sempre più interagendo e conseguentemente dando luogo a gradi enormi di non-linearità, ossia “complessità”. Basti pensare alla fragilità delle supply chain dinamiche e volubili di oggi, rispetto a quelle verticali e stabili di 30 anni fa...Ciò induce instabilità, incertezza, fibrillazioni, crisi sistemiche ricorrenti. Ma non è vero che da qualche parte esista un armamentario tecnologico (la “teoria della complessità”) che potrebbe aiutare ogni manager a gestire il proprio business, al di là di qualche costosissimo simulatore che forse 20 aziende al mondo si possono permettere (traendone comunque informazioni incerte).Si sprecano capogiri e svenimenti per cose sexy come i frattali, la teoria della complessità, il caos. I fascinosi guru americani hanno sparso il virus (ne scrisse anche l’abilissimo e compianto Michael Crichton, quello di “Jurassic Park” ed “ER”), e quelli “de noantri” non potevano restare a guardare. Esce un libro al mese. È umano, ed è piacevole, appassionarsi alle cose “cool”. Ma non ditemi che ci gestite l’azienda...

Paolo Magrassi
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