Peter Drucker ha rappresentato per molti anni l’anima intelligente del mondo del management d’impresa. È stato un pensatore originale e spesso controcorrente, ma ancora più spesso un acuto anticipatore di tenden- ze e un sensibile interprete di segnali deboli provenienti dalla società e dal mondo delle imprese che altri non sono riusciti a percepire. A cent’anni dalla nascita “Harvard Busines Review” dedica a Drucker alcuni signifi- cativi contributi di riflessione e di reinterpretazione della modernità e attualità del suo pensiero. Si tratta di due articoli, uno del 1980 di Alan Kantrow e uno di oggi di Rosabeth Moss Kanter, e di una serie di testimonian- ze di leader d’impresa. Moss Kanter, in particolare, sembra cogliere con poche osservazioni il nucleo del pensiero di Drucker e le sue connessioni con le problematiche di oggi, identificando tre punti nodali. Il primo è che l’attività manageriale deve diventare professione e che imprenditori e dirigenti devono rammentare che il loro compito principale è lavorare per la stabilità a lungo termine delle loro organizzazioni. Il secondo è che, nell’epoca della società della conoscenza, i lavoratori non possono, né vogliono, essere motivati solo dal profitto personale, ma chiedono di essere coinvolti verso fini più elevati legati al proprio ruolo e indirizzati al benessere della società. Il terzo punto è che le organizzazioni dedicate al no-profit sono un ingrediente indispensabile per produrre una società in cui le stesse aziende possano prosperare. Non sfugge che queste notazioni si ricollegano a diversi dibattiti oggi presenti nella società e nel mondo delle imprese. Nel novembre 2008 abbiamo pubblicato su questa rivista un articolo di Khurana e Nohria centrato proprio sull’esigenza di fare evolvere il mestiere di manager verso nuovi e più avanzati connotati professiona- li, articolo seguito nel marzo 2009 da un rapporto speciale con numerosi interventi dedicati a questo tema. In molti contributi successivi si è ritrovata la questione, divenuta centrale nel pieno della crisi economica, della sempre più sentita esigenza di una rapida transizione da una logica d’impresa centrata sulla massimizzazione a breve del valore per gli azionisti a una logica più ampia centrata sul rispetto nel lungo termine degli interes- si degli stakeholder, interni ed esterni all’azienda. E altri saggi e commenti pubblicati nei mesi scorsi hanno battuto sul tasto della leadership e del coinvolgimento dei dipendenti in funzione dell’esigenza di trattenere in azienda lavoratori della conoscenza e talenti, con la definizione di obiettivi non esclusivamente legati a retri- buzione e benefit. Come ricorda Moss Kanter, Drucker non era un rivoluzionario, ma un pensatore indipendente capace di rimet- tere in discussione idee e pratiche consolidate, ma spesso anche ingessate. E abbiamo oggi la possibilità di confrontare le sue intuizioni con la realtà che ci circonda, cogliendo l’effettiva portata e il realismo dei suoi sug- gerimenti, per creare un’economia d’impresa basata su presupposti nuovi, più giusti e più stabili. Nel suo articolo del 1980, d’altronde, lo stesso Kantrow sosteneva che il reale contributo dato da Drucker non consisteva tanto, o soltanto, in ciò che andava predicando, ma soprattutto nel modo di pensare, nel processo rigoroso di ragionamento che lo portava da determinate premesse a conclusioni quasi obbligate. Un autore, dunque, da ricordare e da rileggere, rammentando che nella sua prolificità ha prodotto opere in campi molto ampi e differenziati che vanno dal pensiero politico e sociale all’analisi del business e del management, tutti caratterizzati da un forte orientamento al futuro. Buona lettura!