CEO, atto secondo

  • di David A. Nadler


  • Leadership


Quando un CEO se ne deve andare a causa di una performance insufficiente, l’azienda di norma assume una persona ritenuta più adatta a realizzare ciò che il predecessore non è riuscito a compiere. Il CdA ripone la propria fiducia nel nuovo manager a causa delle forti similarità tra i problemi correnti e quelli che tale dirigente ha risolto con successo in un precedente incarico. Ma i problemi noti sono inevitabilmente seguiti da problemi meno noti, per i quali il CEO attentamente prescelto non ha necessariamente le giuste qualificazioni. E nella maggior parte dei casi, le esperienze, le capacità e il temperamento che hanno portato al successo nel primo atto, si rivelano insufficienti nel secondo. Anzi, l’approccio che si è rivelato vincente nel primo atto può essere l’opposto di ciò che serve nell’atto secondo.Il CEO ha di fronte quattro scelte: rifiutarsi di cambiare, nel qual caso viene prontamente rimpiazzato; capire che l’atto seguente richiede nuove skill, e apprenderle; ridimensionare o circoscrivere il proprio ruolo per compensare le sue lacune; nominare un successore più qualificato a ricoprire il ruolo per il quale le sue capacità o i suoi interessi non siano più quelle giuste. Carly Fiorina, di Hewlett-Packard, è un buon esempio della prima opzione; Stanley O’ Neal della seconda; Sergei Brin e Larry Page di Google della terza; e Ken Freeman di Quest Diagnostics della quarta. Sono tutte opzioni ragionevoli, tranne la prima, se si vuole affrontare la difficile sfida del secondo atto che si presenta alla maggior parte dei CEO. E tutte tranne la prima richiedono una capacità di osservare, una propensione all’introspezione e un fondo di umiltà che sono qualità piuttosto rare proprio tra le persone alle quali più servirebbero.Ci sono quattro passi essenziali che i manager possono intraprendere per capire quando entrano nella nuova situazione e per rispondervi in modo adeguato: riconoscere che il loro stile di leadership e il loro approccio non funziona più; accettare l’opinione di altri sui motivi per cui la performance traballa; analizzare e capire la natura del cambiamento del secondo atto; e, infine, decidere e agire.

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