Anche per le persone più dotate, il processo attraverso cui si diventa leader è un percorso difficile, anche se premiante, fatto di apprendimento continuo e auto-educazione. Il test iniziale di questo percorso, molto importante ma spesso trascurato, è quello di quando si diventa capi per la prima volta. Questa trascuratezza è un errore, perché le prove cui si è sottoposti nel rito della transizione sono gravide di conseguenze sia per la persona, sia per l’organizzazione.Per circa 15 anni l’autore ha studiato un gruppo di persone – di solito, con performance di primo piano – nella loro evoluzione di carriera verso importanti posizioni manageriali. Le aziende sono diventate progressivamente più snelle e dinamiche e in questo sviluppo i nuovi manager hanno descritto la loro transizione come sempre più ardua. Ma spesso il passaggio è più difficile di ciò che potrebbe essere a causa di idee sbagliate sul loro ruolo. Coloro che riescono a comprendere l’errore hanno molte più probabilità di successo.Ad esempio, i nuovi manager tendono a pensare che la posizione acquisita dia loro l’autorità e la libertà di fare ciò che ritengono più opportuno. Si trovano, invece, invischiati in una rete di relazioni con i subordinati, i superiori, i pari grado e altri ancora, e tutti questi rivolgono richieste continue e spesso in contrasto tra loro. Una nuova manager ha detto: «In realtà non controlli proprio niente».Un’altra idea sbagliata è che i neo-manager siano responsabili solo di far funzionare bene le loro attività. Invece, devono rendersi conto che hanno anche la responsabilità di raccomandare e avviare dei cambiamenti, alcuni dei quali fuori dalla loro portata, che possano migliorare la performance del loro gruppo.Molti nuovi manager sono riluttanti a chiedere aiuto dai loro capi. Ma quando lo fanno (spesso perché si profila una crisi) hanno il sollievo di vedere che i loro superiori sono spesso più tolleranti del previsto con i loro errori e le loro domande.