La lunga corsa della Toyota

  • di Thomas A. Stewart, Anand P. Raman


  • Interviste


Nel dicembre 2006 la Toyota aveva ufficialmente annunciato di prevedere di vendere 9,34 milioni di auto nel 2007, e di riuscire così a diventare il primo costruttore di auto al mondo. Nei fatti, questo è successo già nel primo semestre, ma la rapidità della crescita e la globalizzazione hanno creato motivi di pressione sull’azienda e lo stress da successo si sta già manifestando. HBR ha intervistato il presidente della Toyota, Katsuaki Watanabe, e altri top manager dell’azienda per comprendere le strategie che si stanno sviluppando per fare fronte alle sfide future.Per oltre dieci anni la J.D. Power e altre società di rating hanno classificato la Toyota al vertice del settore per la qualità, l’affidabilità e la durata delle sue auto. Ma nel 2006 una serie di problemi alle sue automobili hanno messo a rischio la reputazione dell’azienda. Per di più, la veloce espansione tesa a soddisfare la domanda e la battaglia per tenere il passo del cambiamento tecnologico si sono combinate nel mettere in discussione le grandiose ambizioni della Toyota e la sua stessa celebre «Toyota Way».Per Watanabe, essere il numero uno significa «essere al primo posto al mondo in termini di qualità». Se la qualità Toyota continua a migliorare, dice il presidente, vendite e ricavi ne conseguiranno, e se nasceranno problemi da questo sforzo globale è bene che divengano visibili perché le persone danno il meglio di sé nelle difficoltà, e se ciò richiederà di rallentare la crescita, così sia.La strategia a lungo termine della Toyota prevede lo sviluppo di modelli sia globali che regionali per arrivare a competere ovunque nel mondo con una gamma completa di prodotti. Watanabe mira a raggiungere i propri obiettivi mediante una combinazione di kaizen (miglioramento continuo) e di kakushin (innovazione radicale). Una delle sue visioni per il futuro è una dream car, un veicolo che pulisce l’aria, previene gli incidenti, migliora la salute, fa divertire e che può fare il giro del mondo con un solo pieno di carburante.

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