L’innovazione radicale non basta

di Rosabeth Moss Kanter  |  Martedì, 12 Marzo 2013

L’innovazione mantiene un’aura di rischio. All’inizio del 2010, i prodotti ritirati dal commercio (Toyota Prius) hanno ricevuto la stessa attenzione dei prodotti appena lanciati (Apple iPad). Al Word Economic Forum, il presidente di una banca globale ha attribuito la crisi finanziaria a un eccesso di innovazione, sostenendo che ci si dovrebbe invece concentrare sul miglioramento dell’attività operativa. Ma, mentre le aziende iniziano a emergere dalla recessione, alcuni leader preferiscono ignorare i rischi del perseguire delle innovazione radicali. In alcuni recenti “ritiri” riservati al top management, ho sentito i CEO cantare tutti la stessa canzone: «Basta perdere tempo con le innovazioni incrementali; vogliamo solo quelle radicali». Plaudo al ritorno di interesse per una crescita futura che passi attraverso innovazioni coraggiose, ma non al ritorno di una retorica tesa a svalutare il contributo dei miglioramenti incrementali o che presenti l’innovazione incrementale in completo contrasto con quella radicale. Questa falsa dicotomia è una delle cause che rendono rischiosa l’innovazione, ben oltre l’incertezza che comunque caratterizza ogni cambiamento. Anche se un’azienda è abbastanza fortunata da trovare il prossimo Kindle, Swiffer o smartphone, i prodotti di grande successo non nascono né si diffondono nel mercato senza i numerosi cambiamenti incrementali – come dei nuovi processi o delle tecniche di sviluppo del mercato - che rendono possibile anche una grande innovazione. Le idee che determinano una grande trasformazione possono richiedere una riorganizzazione del network delle partnership o del sistema distributivo. Per esempio, per lanciare nuovi prodotti a low-cost che hanno contribuito a cambiare il mercato in Brasile, P&G ha sviluppato piccole innovazioni nel packaging, nella produzione, nel servizio al cliente e nello stile di comunicazione. Le innovazioni radicali possono anche richiedere delle innovazioni incrementali per tenere sotto controllo i rischi e le conseguenze impreviste. Le aziende non hanno bisogno di oscillare tra i due estremi; hanno bisogno di una base capace di generare innovazioni di ogni tipo. Ho personalmente trovato utile pensare il sistema di innovazione come una piramide. Alla base si situa un grande numero di piccole idee richieste in continuo dall’interno e dall’esterno dell’organizzazione. Il miglioramento continuo e le innovazioni incrementali possono essere implementati immediatamente. I primi stadi di sviluppo delle idee con grande potenziale possono essere sviluppati in tempi brevi e con fondi limitati. Quando le aziende creano una solida base di questo tipo, sono in grado di assicurare l’eccellenza operativa e danno a tutti la possibilità di essere partecipi di una cultura di creatività e cambiamento. La parte mediana della piramide costituisce l’incubatore delle nuove opportunità. Questa parte raccoglie progetti, prototipi e attività con forte potenziale di crescita. Si tratta di iniziative con un’identità propria ben definita e per le quali esiste uno spazio nel quale venire sviluppate e testate. Al vertice della piramide vengono collocate le poche grandi scommesse sugli orientamenti futuri: tecnologie, business con potenziale di crescita e attività che ottengono priorità in termini di risorse e attenzione del management perché hanno potenzialmente le caratteristiche di innovazione radicale. I leader aziendali dovrebbero sforzarsi di avere le idee molto chiare allo scopo di indirizzare al meglio queste scommesse che partono dalla base senza mettere freno alla creatività. Una piramide dell’innovazione può essere aperta, trasparente e dinamica. Le idee si muovono in dentro, in su o attraverso la piramide tramite schemi di lavoro prestabiliti o squadre di lavoro auto-gestite. Per esempio, i mondi virtuali sono diventati una delle priorità innovative di IBM, così come la rete elettrica intelligente è divenuta una strategia di Cisco grazie al fatto che tra gli addetti ai lavori sono circolate idee solo abbozzate ben prima che emergessero come vere e proprio opportunità di business. Innovazioni incrementali e radicali viaggiano, dunque, insieme. Le aziende hanno bisogno di tutti i blocchi della piramide e non solo di quelli di maggiore rilevanza che determinano da soli i grandi successi.

Rosabeth Moss Kanter, insegna alla Harvard Business School. Il suo campo di specializzazione comprende strategia, innovazione e leadership. Il suo ultimo libro si intitola SuperCorp (Crown, 2009).

 

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