Nuovi prodotti e servizi sono creati per permettere alle persone di svolgere compiti in modo migliore che in precedenza o fare cose che non potevano fare prima. Ma le innovazioni comportano anche dei rischi. Quanto esattamente un’innovazione risulta rischiosa dipende in grande misura dalle scelte che la gente fa nell’utilizzarla. I tentativi di misurare la rischiosità di un’innovazione devono prendere in conto i limiti dei modelli – formali e informali – su cui le persone basano le loro decisioni su quanto usare l’innovazione, avverte Robert C. Merton, professore al MIT e premio Nobel per l’Economia. Alcuni modelli, egli sostiene, si rivelano fondamentalmente viziati e dovrebbero essere scartati, mentre altri sono solo incompleti e possono essere migliorati. Alcuni modelli per produrre buoni risultati richiedono utilizzatori sofisticati; altri sono adatti soltanto a certe applicazioni.
E anche quando le persone impiegano modelli appropriati per fare delle scelte su come usare un’innovazione – trovando il giusto equilibrio tra rischio e performance – l’esperienza mostra che è quasi impossibile predire come il loro mutato comportamento influenzerà la rischiosità di altre scelte e comportamenti che esse adottano, spesso in campi apparentemente scollegati. È la vecchia storia delle conseguenze non intenzionali. Più il sistema in cui un’innovazione entra è complesso, più probabili e gravi saranno le conseguenze non intenzionali. Infatti molti dei rischi associati a un’innovazione derivano non dall’innovazione stessa ma dall’infrastruttura in cui essa è introdotta. Alla fine ogni innovazione implica un salto nell’inconoscibile. Se dobbiamo fare dei progressi, questo è un fatto che dobbiamo accettare e gestire.