La consulenza sull’orlo di una radicale trasformazione

  • di Clay Christensen, Dina Wand e Derek van Bever


  • Strategia e Concorrenza


Il modello di business fondamentale della consulenza non è cambiato in più di 100 anni: degli outsider molto svegli vanno all’interno delle organizzazioni per un periodo di tempo finito e raccomandano soluzioni per i problemi più difficili con cui i loro clienti si confrontano. Ma nelle tradizionali aziende di consulenza strategica la quota di lavoro inerente alla strategia classica è declinata nettamente nel corso degli ultimi 30 anni, dal 60-70% a solo il 20%. Cosa motiva questo trend? La discontinuità, dicono gli autori, sta raggiungendo il management consulting così come ha raggiunto recentemente per il settore legale.

Per molti anni i servizi professionali sono stati immuni dalla discontinuità per due ragioni: opacità e agilità. I clienti trovano molto difficile valutare in anticipo la performance di una società di consulenza, perché di solito la reclutano per conoscenze e capacità specialistiche di cui esse sono carenti. Il prezzo diventa un sostituto della qualità. E le società di consulenza (o gli studi legali) hanno come loro asset primario il capitale umano; non sono frenate da decisioni sull’allocazione di risorse sostanziali, il che dà loro notevole flessibilità.

Ora le aziende dominanti vedono la loro posizione competitiva erosa dalla tecnologia, da modelli di assunzione del personale alternativi e da altre forze. Le società di ricerca di mercato e i fornitori di database stanno rendendo possibile la democratizzazione dei dati. La forte rotazione presso le società di consulenza implica che armate di strateghi dotati di esperienza siano disponibili ad essere reclutati da ex-clienti, la cui crescente sofisticatezza permette loro di allocare il lavoro anziché affidarsi a uno sportello unico come facevano in passato.

Basandosi sulla teoria della discontinuità, gli autori offrono tre scenari per il futuro della consulenza.

 

 

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