I futuri possibili

  • di Enrico Sassoon


  • Innovazione e Tecnologia


Isaac Asimov ci guarda dalla tomba e annuisce soddisfatto. Le sue più ardite visioni sui robot umanoidi che affiancano le persone, interagiscono, aiutano (ricordate il simpatico C3P8 di Guerre stellari?) e arrivano a un passo dal capire e commuoversi sono sempre meno fantascienza e sempre più realtà. Gli articoli di questo numero, soprattutto quelli nello Speciale su "l'uomo e le macchine", ci raccontano una storia già in atto di cui la maggior parte di noi deve ancora prendere piena coscienza. 

Quale è presto detto: le macchine sempre più sofisticate da cui siamo crescentemente circondati si accingono a modificare il nostro mondo. L'intelligenza artificiale avanza. I robot vanno ben oltre la sostituzione delle attività manuali nella produzione di fabbrica per introdursi in modo sempre più efficace nelle attività finora riservate ai lavoratori dell'intelletto. L'interazione fra persone e macchine umanoidi cresce e si comincia intravvedere un tema rilevante di convivenza, di reciproca comprensione, di collaborazione. Proprio così: collaborazione, che significa "lavorare insieme", trovando non solo le complementarietà, ma individuando le aree in cui si crea sinergia, si giunge a risultati aumentati rispetto a quelli realizzabili singolarmente dagli uni e dagli altri.

In esperimenti che si stanno effettuando in molti Paesi, si stanno definendo le condizioni e le variabili anche psicologiche per cui le persone mostrano maggiore o minore accettazione delle macchine e maggiore o minore propensione a fidarsi del loro apporto. Le macchine si basano su algoritmi e capita anche che gli umani, abituati a fidarsi solo di altri come loro, siano invece portati ad accettare maggiormente le indicazioni di un algoritmo che di un loro simile. Siamo pronti a riconoscere la rivoluzione psicologica che ne deriva?

L'avanzata dei robot è in atto ed è massiccia. È favorita dalla disruption digitale portata da internet delle cose, big data, sensori a miliardi, intelligenza artificiale, nuovi device, produzione additiva distribuita e altro ancora. Ha e sempre più avrà implicazioni sulla produttività, ma ancor più sull'occupazione, per la quale la minaccia è potenzialmente grave. 

Due sono le visioni, e due i futuri possibili che emergono dalle sperimentazioni e dalle analisi dei migliori esperti mondiali. Un futuro è gramo, fa intravvedere una stagnazione secolare dell'economia globale, una crescita esplosiva della disoccupazione, un contributo della tecnologia formidabile sotto ogni punto di vista ma con un impatto ben più negativo che positivo (di recente Paul Krugman e altri hanno iniziato a dipingere questo quadro inquietante). Un altro futuro è decisamente migliore: le macchine ci libereranno dei lavori pesanti e routinari, anche di parte di quelli intellettuali, saranno immensamente produttive e ci daranno la possibilità di vivere meglio. Anche in questo secondo caso si verificherà una distruzione netta di posti di lavoro, ma grazie al superamento dell'economia capitalista (ad esempio, i Commons di cui si dichiara convinto Jeremy Rifkin) entreremo in una nuova era collaborativa in cui lo scambio a costo marginale zero si sostituirà all'attuale società mercificata.

A quale futuro vogliamo credere? A nessuno dei due, si spera, il futuro ce lo dobbiamo costruire passo dopo passo con le nostre mani. Ma i due scenari, così fortemente divaricati, aiutano a riflettere. L'intervista a Brynjolfsson e McAfee, autori del libro La nuova rivoluzione delle macchine, ha la capacità di proiettarci in un futuro già in divenire; l'articolo di Davenport e Kirby ci lancia nella nuova dimensione del rapporto uomo-macchina, verso un accrescimento del nostro potenziale; il saggio di Frick ci immerge nella nuova dinamica psico-emotiva di un rapporto sempre più paritetico con i robot (così come la recensione al libro in uscita di Cingolani e Metta, Umani e umanoidi);  ed eccellenti arricchimenti su questi temi arrivano dall'articolo di Reeves e altri, dagli acuti commenti di Arturo Baroncelli, Josef Nierling, Claudio De Martini ed Edoardo Calia.

Ma oltre la sezione speciale sull'avvento dei robot, altri articoli toccano temi connessi: il saggio di Gary Pisano, con commento di Stefano Venturi, sull'esigenza di una chiara strategia d'innovazione; quello di Stefano Trombetta sulle implicazioni strategiche e organizzative della digital disruption; quello visionario di Sica, Accoto e Scotti sulla nuova concezione, all'incrocio tra tecnologia e ontologia, che deve accompagnare le trasformazioni digitali in atto; quello di Rosen e Samuel, con il commento di Marco Sassoon, sulla frenesia digitale che condiziona sempre più le nostre vite.

Viviamo un'era di cambiamenti entusiasmanti. Il punto da scoprire è se saremo capaci di dominarla senza venirne dominati. 

 

Enrico Sassoon

 

 

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