Il branding nell’era dei social media

  • di Douglas Holt


  • Innovazione e Tecnologia


 

I social media dovevano inaugurare un’età d’oro del branding. Ma non è stato così. 

Originariamente chi si occupa di marketing aveva pensato che Facebook, YouTube e Twitter avrebbero permesso di bypassare i media tradizionali e di mettersi in contatto diretto con i clienti. Hanno quindi investito miliardi per produrre contenuti creativi originali nella speranza di attirare al loro brand un pubblico immenso. Che invece non si è mai palesato. Di fatto i social media sembrano aver tolto importanza ai brand.

Che cosa è successo? Il problema è che i social media hanno trasformato la cultura e i suoi meccanismi di funzionamento in una direzione che ha indebolito alcune tecniche di branding. Hanno collegato comunità in precedenza isolate dando vita a influenti culture dal basso, crowdculture. Si tratta di agenti di innovazione culturale molto prolifici, i cui membri producono contenuti così bene che nessuna azienda può competere con loro. Le persone che girano i loro video in salotto raggiungono i vertici delle classifiche di YouTube, cosa che poche aziende sono riuscite a fare.

Mentre diminuiscono l’impatto dei contenuti brandizzati, le crowdculture favoriscono un approccio alternativo, quello del cultural branding, in cui il brand si distingue facendosi promotore di una nuova ideologia nata dal basso. Chipotle lo ha fatto con successo girando due cortometraggi critici verso il cibo industriale, che attingevano al movimento nato dalla subcultura del biologico e poi esploso sui social media che ne hanno fatto una preoccupazione diffusa. 

Altri esempi validi sono presenti nel mondo dei prodotti per la cura della persona. Axe ha rivivificato il marchio trasformandolo in un portavoce spinto della cultura machista sorta in reazione alle politiche di genere politicamente corrette. Dove si è rivolta invece alla parte opposta, con campagne in sintonia con la cultura che considera poco sani gli standard di bellezza femminile.

I brand hanno successo quando fanno breccia nella cultura e le crowdculture sono un grande veicolo di questa penetrazione. Queste opportunità decisive non possono però essere identificate dalle aziende con i tradizionali strumenti della segmentazione e dell’individuazione dei trend.

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