Progettare un’organizzazione libera dai pregiudizi

  • Intervista a Iris Bohnet di Gardiner Morse


  • Interviste


La maggior parte dei progetti di formazione alla diversity sono uno spreco di denaro, afferma Iris Bohnet, e spesso le aziende li realizzano senza mai misurarne l’impatto. Le ricerche sulla loro efficacia evidenziano purtroppo che raramente incidono sugli atteggiamenti e tantomeno sui comportamenti. 

La soluzione? Puntare non sulle persone ma sui processi. La scienza del comportamento ci dice che è molto difficile sradicare i pregiudizi; più semplice riprogettare le organizzazioni in modo da aggirarli.  La progettazione comportamentale rende più facile agire in maniera non prevenuta sia impedendo le scelte condizionate da pregiudizi sia modificando le convinzioni delle persone.

Le aziende possono partire da una raccolta di dati sulla formazione alla diversity già in atto. Poi debbono applicare alla gestione delle persone il medesimo rigore utilizzato nelle decisioni finanziarie e di marketing, definendo qual è il cambiamento che si vuole introdurre, realizzando nuovi programmi, raccogliendo dati quantitativi e valutando i risultati.

Anche cambiamenti semplici possono avere il loro peso. Per esempio, i responsabili delle assunzioni possono utilizzare un software che nasconda nei CV le informazioni relative a età, genere, provenienza socio-economica e simili in  modo da concentrarsi esclusivamente sul talento.

Malgrado gli sforzi di consapevolezza e le migliori intenzioni, tutti abbiamo dei pregiudizi. La buona notizia, dice Bohnet, è che la progettazione comportamentale è in grado di spezzare il nesso tra le nostre reazioni viscerali e le nostre azioni e di permettere alle nostre menti prevenute di comprendere le cose in modo corretto.

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