Una lezione da imparare

La crisi finanziaria è ormai stata assorbita, anche se i suoi strascichi dureranno a lungo; e la crisi economica che ne è seguita è in via di superamento, anche se i più pessimisti (realisti?) temono che la timida ripresa appena iniziata possa registrare una brusca flessione nei prossimi mesi, con un andamento definito a “W”. Comunque sia, il futuro si presenta difficile ancora per qualche anno e, soprattutto, a soffrirne a lungo saranno i livelli di occupazione. In questo numero di “Harvard Business Review Italia” l’attenzione si concentra su uno dei temi più importanti emersi dalla crisi: la difficoltà di imprese e istituzioni di valutare correttamente i rischi che si andavano accumulando nel sistema finanziario; e, di conseguenza, l’inevitabile corollario di errori che ha caratterizzato le reazioni di banche e imprese rispetto alla crisi montante. A discutere sia dei motivi della miopia generalizzata rispetto al rischio, sia dei metodi e degli strumenti che occorre urgentemente introdurre per non ricadere negli errori del passato si cimentano numerosi e importanti autori, a partire dal premio Nobel per l’Economia del 1997, Robert Merton, l’economista che ha svolto un ruolo fondamentale nello sviluppo dei derivati che, nel bene e nel male, sono stati al centro della crisi. Un altro gruppo di esperti – Robert Kaplan, Annette Mikes, Robert Simons, Peter Tufano e Michael Hofmann – ha cercato invece di rispondere ad alcune domande fondamentali: quanto era prevedibile la catastrofe del 2008? Gli strumenti disponibili di previsione dei rischi hanno fornito un falso senso di sicurezza? Le sfide che oggi le imprese devono affrontare sono in qualche modo diverse da quelle che riguardano il settore finanziario? Le strutture di capitale delle aziende sono realmente adatte a prevenire i rischi o sono paradossalmente diventate troppo efficienti? E cosa deve fare un buon Chief Risk Officer? Altre questioni, centrate sugli errori principali da evitare, sono quelle affrontate da Nassim Taleb e altri, con particolare attenzione all’obiettivo di cercare di capire come gestire gli eventi “cigno nero”, ossia quelle eventualità del tutto improbabili ma che si possono verificare con effetti imprevedibili. Infine, completa il Rapporto speciale sul Risk Management un articolo di Jarvis e McMillan sui rischi connessi all’elevato ammontare del debito al consumo, elemento che è stato determinante nell’aumentare l’effetto distruttivo della crisi finanziaria, specie negli Stati Uniti.Al di là delle problematiche legate alla gestione dei rischi, che costituiscono una lezione da apprendere rapidamente per evitare nuovi guai nel prossimo futuro, vi sono altre questioni che la crisi ha accentuato, rendendo urgenti mutamenti di rotta e di strategia. Uno di questi mutamenti è quello cui si riferisce l’articolo di Jeff Immelt, CEO di General Electric (con la collaborazione di Govindarajan e Trimble), che concerne le strategie di globalizzazione finora seguite dalle multinazionali. La tradizionale strada della glocalizzazione (ossia, la creazione di prodotti nei Paesi avanzati e la riproposta con qualche adattamento ai mercati emergenti) risulta oggi sempre meno appropriata e sempre più rischiosa, a causa della forte capacità di innovazione a basso costo dei “colossi emergenti”. La soluzione sta, secondo gli autori, nel capovolgere l’approccio tramite l’innovazione inversa, una strategia non alternativa, ma complementare a quella seguita finora.Anche le strategie di marketing devono in molti casi essere profondamente modificate in situazioni di crisi, introducendo eventualmente un brand secondario, che l’autore Mark Ritson definisce “da combattimento”, per evitare di innescare guerre dei prezzi sul prodotto principale, rovinando un brand consolidato.Tra i numerosi articoli di questo numero occorre infine segnalare l’ottimo contributo di Rosabeth Moss Kanter, secondo la quale le operazioni di M&A che avranno successo nel periodo post-recessione saranno quelle che si concentrano non solo su cifre e strutture, ma anche e soprattutto sul coinvolgimento e sulla motivazione dei dipendenti.Buona lettura!
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