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Affrontare le trasformazioni dirompenti

  • di Enrico Sassoon


Da molti anni ormai si studiano i processi di innovazione e i loro impatti sui mercati e sulle aziende, per cui non sorprende che due autori che già molto si sono adoperati per definire da un lato questi processi e indicare dall’altro le vie possibili per fare fronte alle discontinuità che ne conseguono tornino ancora una volta su questo problema inesauribile. Christensen e Wessel toccano un tema che in un modo o nell’altro riguarda tutte le imprese, di qualunque settore e dimensione. Che fare quando un’innovazione che possiamo chiamare dirompente, perché irrompe con una inaspettata intensità, o scardinante, perché scardina i parametri correnti della concorrenza, minaccia la stessa sopravvivenza della vostra azienda? La questione non riguarda solo le aziende inserite in settori particolarmente dinamici o fortemente interessati da quelle che Freeman e Perez già molti anni fa chiamavano le innovazioni radicali e i nuovi sistemi tecnologici, ma anche quelle che competono in settori del tutto tradizionali. In passato, uno degli esempi che venivano spesso citati era quello della NCR, l’azienda leader mondiale nei registratori di cassa elettromeccanici che venne spazzata via in pochi anni dall’avvento dell’elettronica. A tutti è poi noto il caso delle pellicole Kodak, mandate rapidamente fuori mercato e poi fatte sostanzialmente sparire dalla fotografia digitale; si è poi descritto in mille modi il processo che ha invece permesso a IBM di superare una discontinuità allora inattesa, quella del passaggio dai grandi mainframe ai personal computer, superata con la trasformazione del colosso americano in fornitore di servizi invece che di soli beni fisici. Gli autori dello Speciale di questo numero citano però nuovi esempi di situazioni di innovazione dirompente in settori in cui l’evoluzione sembrava assumere caratteri diversi: l’alimentare al dettaglio e la logistica di magazzino. Per il primo, l’offerta dell’eCommerce sta modificando i parametri di convenienza per i clienti, ai quali le imprese devono saper fare fronte prima che l’innovazione diventi realmente scardinante. I due autori citati, ma anche Gilbert, Eyring e Foster, indicano le strategie per non farsi cogliere impreparati dalla trasformazione tecnologica o dal vantaggio dei newcomer, suggerendo metodologie in grado di preparare l’azienda ai cambiamenti in arrivo e nuovi modelli organizzativi e di business per vincere, o almeno sostenere, il confronto. E nell’articolo di Mountz si affronta il caso di una startup che ha sconvolto i parametri competitivi in un settore fino ad oggi ad alta intensità di lavoro, ossia quello della movimentazione delle merci nel magazzino, letteralmente stravolto dall’avvento della robotica dinamica e da una nuova concezione di business che vede l’azienda fornitrice creare le condizioni complessive che rendono possibile la trasformazione in casa del cliente senza i rischi normalmente connessi. I due temi comuni a questi articoli sono la velocità del cambiamento e l’assenza di confini. Che il cambiamento sia estremamente rapido è sotto gli occhi di tutti; l’implicazione da trarre, però, sembra non esserlo ancora: la necessità, cioè, di anticipare il cambiamento, poiché la reazione effettuata nel momento in cui esso diventa manifesto non garantisce una reale possibilità di sopravvivenza nel mercato. E l’assenza di confini, ovviamente geografici e settoriali, ma anche di natura dell’azienda. Le imprese di minori dimensioni e quelle a carattere familiare non sono al riparo da queste trasformazioni, che non sono peculiari e specifiche dei grandi player multinazionali. Guardare al di là del proprio business tradizionale, anche quando è ancora di grande successo, per individuare la discontinuità in arrivo e ormai un comportamento di normale buon senso, di fronte alla rapidità e all’intensità del cambiamento. Buona lettura!

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