La formazione, per una gestione del personale innovativa

di Sergio Barozzi  |  Martedì, 18 Febbraio 2014

Sergio Barozzi è partner dello studio legale Lexellent

Non più solo per la crescita professionale, ma anche per la gestione del personale: la formazione diventa parte integrante dell’attrezzatura del direttore delle risorse umane. È questo il nuovo progetto elaborato dallo studio legale Lexellent che mira al superamento della classificazione del personale basata sulla gestione del talento o sulla tutela di minoranze o generi svantaggiati per andare verso la valorizzazione del singolo. I dipendenti, in quanto persone e come tali diverse le une dalle altre e meritevoli di essere tutelate e rispettate, sono accompagnati in un percorso continuo di crescita in cui lo strumento disciplinare rappresenta la risorsa estrema da impiegare solo dove tutti gli altri abbiano fallito. Si punta quindi a uscire dalla normale tricotomia “talenti”, “resto del personale”, “lavativi” che ha spesso condotto a politiche di gestione del personale conflittuali – se non addirittura discriminatorie – e alla crescita professionale garantita quasi esclusivamente ai lavoratori del primo gruppo, talvolta anche a prescindere dai risultati oggettivamente ottenuti.

Il cuore del progetto è quindi rappresentato dalla proposta formativa. In caso di errori e comportamenti non conformi (ove le violazioni non siano così gravi da giustificare l’immediata risoluzione del rapporto di lavoro) anziché procedere con l’irrogazione del procedimento disciplinare quale strumento “correttivo”, verranno raccolte tutte le segnalazioni pervenute dal management per essere raggruppate secondo categorie comportamentali omogenee (per esempio violazioni in materia di sicurezza sul lavoro, comportamenti non conformi con colleghi e superiori, errori sul lavoro e nella effettuazione della prestazione). Conseguentemente saranno organizzati corsi di formazione con cadenza periodica cui destinare i lavoratori in funzione delle carenze evidenziate. Ai corsi potranno essere destinati anche lavoratori che non abbiamo violato norme disciplinari, ma che abbiano evidenziato problemi comportamentali o di performance.

Il piano, così come strutturato e articolato, pone il datore di lavoro in un ruolo attivo e propositivo, e non meramente repressivo, diretto quindi alla promozione del personale e non alla conflittualità. Con il progetto si prevengono possibili accuse di mobbing, discriminazione, esclusione e, nel caso si arrivi alla drastica e non auspicabile necessità di procedere con un provvedimento disciplinare, se ne aumenta l’efficacia sia in termini di “disvalore“ interno sia in termini di “resistenza” in caso di giudizio. Senza contare che in questo modo si dirottano alla formazione del personale risorse oggi destinate alla gestione del contenzioso e quindi  si trasformano costi in investimenti.

Ovviamente l’implementazione del progetto richiede un’accurata preparazione e progettazione e il coinvolgimento non solo di uno studio legale ma anche di professionisti di varie discipline che abbiano già acquisito una valida esperienza in situazioni analoghe. L’idea sta incontrando grande interesse e, ancorché non sia stato ancora completato il progetto, vi sono riscontri molto positivi, per esempio da parte delle organizzazioni sindacali le quali apprezzano questo approccio moderno che punta al superamento di uno strumento antiquato e retaggio di un mondo del lavoro che non esiste più quale il “provvedimento disciplinare”.

Sergio Barozzi
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