Valorizzare la diversità e perseguire l’eccellenza: la strada della leadership al femminile

di Maria Cristina Galgano  |  Martedì, 25 Febbraio 2014

 

Mariacristina Galgano è amministratore delegato Gruppo Galgano e direttore della Scuola Galgano Formazione

La sfida per le donne oggi? Imparare a creare il futuro che desiderano realmente sul lavoro e nella vita personale. Questo significa avere il coraggio di cambiare radicalmente le regole del gioco, per crearne di nuove che valorizzino la diversità (fonte di ricchezza) tipica della condizione femminile. Mai come oggi, in un mondo del lavoro in profondo cambiamento, ci sono spazi per intervenire e creare una realtà a propria dimensione. Ciò implica però l’abilità di trasformare i problemi in opportunità.

Ma perché parlare oggi di management al femminile? Perché le donne possono portare nel mondo del lavoro qualcosa di diverso e, se già così non fosse, lo dovrebbero fare! Mai come oggi, infatti, si sente il bisogno di un cambio di rotta. È il momento storico giusto per dissotterrare la propria diversità. Quel modo diverso di approcciare situazioni aziendali, che spesso fino ad oggi abbiamo coperto di “scorza” per cercare di essere uguali ai nostri colleghi uomini, forse risponde proprio alla necessità di problem solving che caratterizza questo momento del nostro Paese.

È ora di “sbucciare” il nostro modo di essere per far emergere ciò che di diverso e utile caratterizza l’approccio femminile allo sviluppo, alla crescita e all’evoluzione del sistema manageriale. Ma come farlo? Seguendo, per esempio, le cinque discipline dell’apprendimento creativo, sintetizzabili in altrettante azioni: riconoscere i propri modelli mentali, organizzarsi in base ai propri obiettivi (personal mastering), definire la visione di ciò che vorremmo fare non per come ci vogliono gli altri ma per come siamo, essere capaci di “copiare” con intelligenza da persone diverse da noi (dialogo), utilizzare il pensiero sistematico che ci permette di capire che siamo il risultato di scelte fatte nel passato e che saremo il frutto delle scelte che compiamo oggi. 

Dove nasce la diversità

Vediamo insieme da dove nasce la diversità. Le donne sono nel mondo del lavoro da molto meno tempo degli uomini. Questo rappresenta un formidabile vantaggio: non hanno avuto il tempo di masticare e digerire modelli mentali delle organizzazioni che oggi mostrano la corda. Non hanno, quindi, contribuito più di tanto alla loro costruzione e hanno meno problemi “emotivi” a metterli in discussione e a cambiarli. Inoltre, temi come il pensiero snello, l’intelligenza emotiva, sono loro vicini e coltivati costantemente nella vita privata.

A cosa serve la diversità nel mondo del lavoro? A cambiare le regole, a crearne di nuove che siano più efficaci e adatte al contesto attuale, a fare innovazione. Regole che consentano di creare “ben-essere” all’interno dell’organizzazione, come presupposto ineliminabile per prestazioni eccellenti, ma anche nuovi modi di organizzare il lavoro trovando soluzioni innovative che abbattano per esempio la schiavitù dell’orario determinato. Basta accettare riunioni fissate a orari impossibili, in cui la produttività è zero! Basta discussioni interminabili su aspetti marginali! Ma basta anche al piangersi addosso, a cercare dei nemici là fuori, a sparare per prime proprio sulle colleghe che fanno carriera (non sono forse le donne le prime nemiche di se stesse!).

È urgente e determinante, anche per risparmiare tempo ed energie, scoprire il segreto per vivere una vita ad alto valore aggiunto: eliminare tutto quello che non è essenziale per sé e per il gruppo di lavoro ma che deriva da modelli imposti da altri. 

Bisogna fare gruppo

Per cambiare le regole del gioco è necessario fare gruppo, creare un movimento d’opinione e perseguire il modello a tendere verso l’eccellenza. Per esempio dimostrare con i fatti che una riunione fissata alle 12, breve e ben congegnata, produce risultati migliori. Nel “duro” mondo del lavoro, solo attraverso l’eccellenza “personale”, quella dimostrata sul campo, si può acquistare la credibilità necessaria per “dettare” nuove regole. È questa la chiave per la rivoluzione: dimostrare che esiste un altro modo di stare nel mondo del lavoro, che produce risultati altrettanto soddisfacenti se non addirittura migliori e forse più sostenibili nel tempo.

La donna che ama il proprio lavoro deve puntare alla competenza piuttosto che alla presenza. Questo significa fare leva sulla capacità di produrre risultati. Qui entrano in gioco la capacità di interagire in modo positivo con gli altri, di utilizzare la propria intelligenza emotiva per instaurare con i propri collaboratori rapporti solidi che resistano alla prova della mancanza di tempo. Il tutto si gioca nell’abilità di trovare quel delicato punto di equilibrio tra impegno professionale e vita familiare che assicuri su entrambi i fronti soddisfazione, piuttosto che frustrazione e sensi di colpa. 

L’eccellenza è l’unica strada per affrontare in modo serio il cambio di regole: la rivoluzione dell’eccellenza. Quando il contributo è considerato fondamentale per il successo di un progetto, quando la presenza alla riunione viene ritenuta indispensabile, allora si può cominciare con buon senso e pragmatismo a modificare gradualmente le abitudini, il modo di lavorare.

Ma come si persegue l’eccellenza?

Ci limitiamo qui a sottolineare l’aspetto fondamentale. Il primo passo consiste nel ritrovare se stesse, il proprio equilibrio e costruire la propria visione personale: un progetto personale che sia  libero da modelli imposti da altri (“Quand’è che metti su famiglia? E la macchina aziendale? Quando comincerai a fare carriera? Dovresti veramente perdere qualche chilo! Ma come puoi mandare i tuoi figli conciati in quel modo!”). Si tratta di tornare in contatto con il proprio cuore, con le proprie aspirazioni più profonde per capire ciò che realmente ci interessa. Una volta messo a fuoco il progetto, nasce l’entusiasmo, il calore, la passione le energie sembrano non esaurirsi, solo da questo può nascere l’eccellenza.

Il discorso sembra troppo utopistico? No, non lo è. Occorre avere il coraggio di rinunciare a cose che veramente non ci interessano, di cui alla fine siamo prigioniere. Significa anche saper vivere bene senza cercare costantemente l’approvazione di tutti coloro che ci stanno intorno (mai sentito parlare di sensi di colpa?). Certo il gioco è rischioso, ma la posta è molto alta: non si tratta solo del successo professionale ma della nostra vita.

La rivoluzione dell’eccellenza è in corso. Il suo successo è nelle nostre mani!

 

Maria Cristina Galgano
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