L'arte del coraggio

di Gregorio Di Leo  |  Giovedì, 11 Giugno 2015

Gregorio Di Leo è responsabile Faculty Istud e Leadership & Courage coach

Questa è la storia di un uomo che cade da un palazzo di 50 piani. Mano a mano che cadendo passa da un piano all'altro, il tizio per farsi coraggio si ripete: "Fino a qui, tutto bene. Fino a qui, tutto bene. Fino a qui, tutto bene." Il problema non è la caduta, ma l'atterraggio. 

Inizia e finisce così uno straordinario film di Mathieu Kassovitz quadro di una società che non riesce a fare nulla per fermare la propria caduta libera; per arrestarla bisognerebbe avere il coraggio di vedersi precipitare, fermarsi a mezz’aria, guardarsi attorno e cambiare direzione. 

È questa la sfida che un grande cambiamento come quello che stiamo vivendo oggi a livello personale, organizzativo e istituzionale porta con sé. Ci vuole la giusta forma di coraggio, quella che porta ad agire in maniera diversa, esplorare territori nuovi, abbracciare l'incertezza e uscire dalle proprie zone di comfort soprattutto quando queste dimostrano di non essere più adatte al mondo in cui viviamo.

La domanda da porsi è allora che cosa impedisce alle persone e alle organizzazioni di agire in maniera coraggiosa. In quali maniere, spesso nascoste, siamo noi stessi a giocare contro il cambiamento e preferiamo attendere l'impatto della caduta libera piuttosto che agire?

1) Confondere la mancanza di coraggio con la mancanza di competenza

Le persone non possono esplorare scenari alternativi semplicemente perché non hanno sufficienti conoscenze, competenze e strumenti per leggere la loro realtà in maniera diversa.Ognuno di noi è il prodotto di ciò che ha visto, di quello che sa e di quello che sa fare. Troppo spesso le organizzazioni evitano di chiedersi se le persone hanno le competenze per portare avanti cambiamenti coraggiosi e, invece di offrire gli strumenti e le risorse necessarie, insistono nel chiedere di fare di più (ciò che non funziona).

2) Il coraggio è una forma di intelligenza emotiva

Viviamo oggi in uno scenario in cui gli effetti sulla stabilità sociale ed economica assomigliano a quelli generati da una guerra; la vera novità è che se guardiamo fuori dalla finestra le bombe continuano a cadere troppo lontano da noi per comprendere di essere realmente coinvolti. Nessun rumore di esplosioni, nessun allarme anti aereo a indicare che dobbiamo muoverci. 

Il coraggio è una forma d’intelligenza emotiva che contempla la necessità di esprimere le nostre emozioni in maniera diversa dal passato diventando molto più sensibili e vivi nei confronti dell’ambiente esterno; il prezzo da pagare in alternativa è quello di non entrare mai nel nostro futuro. 

Uscire fuori dalle proprie zone di comfort richiede sempre di esprimere creativamente le nostre emozioni attivandoci e reagendo a stimoli in apparenza periferici ma che indicano la presenza di un cambiamento in atto. Bisogna imparare ad arrabbiarsi in maniera diversa, gioire, rattristarsi, disgustarsi, sorprendersi esprimendo le nostre emozioni in maniera creativa. 

I problemi che siamo chiamati a risolvere richiedono a tutti noi di esplorare territori sconosciuti e in questo viaggio la dimensione intellettuale pura senza nuove capacità espressive e una grande intelligenza emotiva non è più sufficiente. 

Le persone e il nostro mondo non reagiscono più a stimoli convenzionali, il coraggio è la capacità di rompere meccanismi strutturati cambiando sia gli oggetti che attivano le nostre reazioni sia la maniera in cui esprimiamo le nostre emozioni. 

Le persone che portano avanti cambiamenti coraggiosi conoscono bene il ruolo che giocano le emozioni (sia su se stesse sia nella comunicazione con gli altri) e sono abili a volgerle a loro favore.

3) Il coraggio non è un atto individuale

Molto spesso il coraggio si manifesta come rottura delle regole. Ridefinire il campo di gioco ed esplorare nuove forme di espressione può essere un processo avviato dal solito eroe ma non può essere portato avanti senza validi alleati. 

Il coraggio come fenomeno individuale ha le gambe corte e l’armatura bucata; c'è il tempo dell'esempio in cui è necessario lasciare intravedere a noi stessi e gli altri che un nuovo corso d'azione è possibile, ma c'è anche il momento della condivisione, della strategia comune e della costruzione di una nuova cultura. 

Il vero coraggio da atto individuale diventa patrimonio della cultura dell'organizzazione.

Questa è la storia di un uomo che cade da un palazzo di 50 piani. Mano a mano che cadendo passa da un piano all'altro, il tizio per farsi coraggio si ripete: "Fino a qui, tutto bene. Fino a qui, tutto bene. Fino a qui, tutto bene." Il problema non è la caduta, ma l'atterraggio. Il film di Mathieu Kassovitz s’intitola "L'Odio" forse perché a chi non avrà il coraggio di esprimersi in maniera diversa non resterà che scontrarsi; uno scontro duro e impari con la realtà (e gli altri) che porta solo la spiacevole sensazione di essere rimasti incastrati nel proprio passato.

Ne parliamo il 23 giugno alle ore 18 nell’evento “L’Arte del Coraggio” organizzato da Fondazione Istud presso lo spazio Tim4Expo in Triennale Cadorna, ospiti di eccezione Antonio Bosio, responsabile Innovazione di Samsung e Fabio Noferini, Learning & Development manager di Samsung.

 

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