Una sfida epocale: acquisire una nuova visione della Compliance per governare la complessità

di Stefano Sedda  |  Martedì, 14 Giugno 2016

Cosa possono fare le organizzazioni per raggiungere il successo in un contesto complesso come quello attuale? Globalizzazione, reperibilità delle materie prime, evoluzione tecnologica, delocalizzazione, modifiche normative, variabilità di collaboratori e clienti sono alcuni degli elementi che le organizzazioni devono affrontare, come prodotto di una società che si trova davanti a  sfide epocali quali le migrazioni, il mutamento delle alleanze geopolitiche e le diverse sensibilità verso il clima e l’ambiente.

In un simile scenario, bisogna che le organizzazioni acquisiscano una visione sistemica e governino la complessità. Lo psichiatra britannico W.R. Ashby afferma che si governa un sistema complesso solo se si possiede il suo stesso livello di complessità. Noi aggiungiamo che il sistema di governo deve essere flessibile nel tempo, per fronteggiare anche la “liquidità » della complessità. Non è infatti sufficiente disporre di processi e personalità in grado di gestire, per esempio, la globalizzazione o il flusso di prezzo del petrolio, ma è necessario che tali processi e personalità posseggano abilità e spessore per affrontare ogni giorno una tipologia di complessità diversa, qualunque essa sia. Assistiamo a organizzazioni che inseguono la complessità del momento, rivelando solo frenesia e confusione e rimanendo esposte all’instabilità senza risolvere il problema.

Il salto di qualità

I sistemi organizzativi devono migliorarsi focalizzandosi sulla capacità di reagire alla complessità generale e puntuale. I manager, consapevoli che la complessità può cambiare nel tempo in quantità e qualità, devono allenarsi a gestirla, dotandosi di meta-competenze, per poi generare le competenze specialistiche necessarie. A tal fine si rende indispensabile una nuova visione della Compliance. In primo luogo, essere “compliant” elimina la parte della complessità corrispondente al rischio di essere annullati dal mercato (che non ama chi non segue le regole) o dalle autorità chiamate a far rispettare le regole. Chi è “compliant” può comunicare la propria affidabilità e trasparenza agli stakeholder, garantendo la propria capacità di sopravvivenza nel tempo (business continuity), e attrarre chi cerca una partnership duratura.

In secondo luogo, un intelligente utilizzo della Compliance è la vera risposta alla gestione della complessità: le regole contengono l'intelligenza e l'esperienza di chi le ha create e rappresentano un linguaggio semplice. Basti pensare, nella nostra esperienza quotidiana, all'utilità di semafori o  rotonde stradali: poche regole intelligenti risolvono un problema in modo definitivo e universale.

Il sistema di Compliance dovrà quindi allinearsi alla complessità, acquisendo un’impostazione “allargata” e strategica prima ancora che focalizzata e puntuale; dovrà essere costruito prima a livello meta e poi a livello specialistico, partendo dal senso che deve avere per l’organizzazione, quindi dai suoi valori, obiettivi, linguaggio e comunicazione. Tale impostazione generale del sistema di regole, dalla quale dovranno dipendere i sottosistemi dedicati alle singole parti, dovrà essere “glocal”, cioè capace di partire dal contesto globale, che tiene conto di quanto avviene nel mondo, per arrivare a declinarsi e adattarsi alle esigenze locali dell’ambiente in cui opera l’organizzazione (o alcune sue parti). Il tutto dovrà avvenire in modo armonico e fluido, per poter evolvere nel tempo continuando a portare valore all’organizzazione.

Ne consegue che un sistema di regole non può essere calato dall’alto come corpo estraneo ai processi organizzativi, né tantomeno ignorato e gestito quanto basta,  ma dovrà essere governato da manager consapevoli, che sappiano come comportarsi dentro e fuori l’organizzazione.

Dall’organizzazione alle figure manageriali

Siamo testimoni, a volte inconsapevoli, di un importante cambiamento che sta investendo le organizzazioni e le loro figure di riferimento. Se, infatti, la Compliance è una leva indispensabile per gestire la complessità, ogni manager di valore deve annoverare tra le proprie “core competencies” la gestione della Compliance.

Da un lato si devono creare nuove professioni, che facciano della Compliance il loro “core”, dall’altro bisogna modificare i ruoli esistenti, espandendoli oltre il loro perimetro abituale. Sempre di più le organizzazioni richiedono, infatti, persone e ruoli che sappiano risolvere i problemi in modo trasversale e non specialistico.

Per far luce sul tema della Compliance e promuoverne lo sviluppo, IAS International Compliance Business School ha organizzato il Primo Convegno Internazionale Compliance e Management. Patrocinato dall’Università della Valle D’Aosta, si terrà il 21 luglio presso la sede del Forte di Bard, con l’obiettivo di offrire ai partecipanti un’occasione di confronto sul sistema di gestione delle regole e di valutazione di come questo contribuisca in modo decisivo al successo e alla competitività delle organizzazioni e delle imprese.

Stefano Sedda è Operations Director Ias School - International Compliance Business School.

 

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