Mi chiedo continuamente chi si trova al mio fianco. Come posso essere sicuro di potermi fidare di lui?" Il pilota olandese Jan Cocheret, quando poneva questo interrogativo in un articolo sulla rivista Piloot en Vliegtuig - tragico presagio dell'incidente dell'Airbus 320 di Germanwings - metteva in discussione non solo i livelli di sicurezza nel trasporto aereo, ma anche la possibilità di potersi effettivamente fidare degli altri. La fiducia all'interno delle organizzazioni (Mi fido dei colleghi e del mio management? Ho fiducia nella mia organizzazione?) è solo una possibile declinazione. L'altra fondamentale dimensione è quella della fiducia verso l'organizzazione da parte dei suoi stakeholder. Si tratta certamente di una dimensione critica, in un contesto economico e sociale segnato dall'incertezza, sia nella consumer confidence, sia nella fiducia verso lo Stato e le istituzioni (Nielsen 2014; Demos 2014). Come si traducono questi segnali nella realtà operativa? Quanto tendono a fidarsi i passeggeri di un volo low cost dopo i fatti di Seynes-les-Alpes? E quanto, in un settore pubblico turbato – almeno nella comunicazione mainstream - da scandali e sprechi, i cittadini tendono a fidarsi di chi rappresenta le istituzioni e delle istituzioni stesse?
Questi interrogativi sono ancora più pressanti per chi rappresenta lo Stato in una delle sue funzioni più autoritative, quale è il prelievo fiscale, in un panorama caratterizzato da un alto livello di evasione (91 miliardi imposte non versate), da una elevata pressione fiscale e da un assetto normativo complesso. L'articolo in uscita nel numero di giugno di Harvard Business Review Italia riporta gli esiti di uno studio sulle pratiche organizzative utilizzate all’interno dell’Agenzia delle Entrate per gestire questa complessità nei touch point dell’organizzazione e costruire un rapporto fiduciario con i contribuenti.
Il punto di partenza è il rilievo che la fiducia, in quanto aspettativa di esperienze positive per l’attore in una condizione di incertezza, assume per le organizzazioni. La fiducia è un presupposto fondamentale per creare valore (in ambito profit) e per orientare positivamente il comportamento del cittadino (in ambito istituzionale). Tuttavia, se nel primo caso è ormai consolidato un approccio trust oriented, nell’ambito pubblico la dimensione fiduciaria e le sue strategie di sviluppo sono ancora poco esplorate.
Per semplificare, può esistere un analogo della “carta fedeltà” nel settore pubblico? Per poter rispondere alla domanda, è necessario avere ben chiari quali sono i driver della fiducia “manovrabili”dalla singola organizzazione: ad esempio, l'esperienza dell'utente (la fruzione del servizio pubblico) e il conseguente livello di soddisfazione o insoddisfazione, la percezione delle competenze dell'operatore pubblico e in particolare la percezione di fairness, l'orientamento al servizio mostrato dall'operatore. Individuati questi antecedenti della fiducia - qui possono essere molto preziose rilevazioni che vadano oltre la semplice customer satisfaction - bisogna chiedersi quali strumenti possono accrescere il capitale fiduciario nei confronti dell'amministrazione.
Innanzitutto, per poter costruire fiducia è essenziale che ogni dipendente abbia fiducia nel proprio ruolo, a partire dai touch point, dalle superfici di contatto tra amministrazione e utente in cui si gioca spesso una buona fetta della partita della fiducia. In aggiunta alle competenze propriamente tecniche, devono dunque essere sviluppate nel personale, in particolare nel personale a diretto contatto con il pubblico, quelle competenze relazionali decisive per avviare la relazione su un asse cooperativo. Bisogna sviluppare la capacità dell'organizzazione pubblica di "generare commitment e trust all'interno dell'organizzazione, attraverso azioni di empowerment sui propri dipendenti, posto che non è possibile pensare di sviluppare e sostenere fiducia nel tempo da parte di soggetti esterni all'impresa senza averla precedentemente generata all'interno" (Castaldo et al. 2000).
Occorre, in sintesi, costruire la fiducia come competenza organizzativa. A questo scopo sono decisive le leve della comunicazione interna e della formazione, quest'ultima intesa in chiave comportamentale, come momento di auto-riflessione e di responsabilizzazione del dipendente, di allineamento tra il suo lavoro e la missione istituzionale. Restano da sciogliere le complessità della filiera di "produzione del valore" nell'ambito pubblico e le variabili esogene (incertezza normativa, efficienza della spesa e dei servizi pubblici, condizionamenti sociali, fattori economici) che possono influenzare negativamente il comportamento dell'utente e la relazione fiduciaria con la pubblica amministrazione. Variabili fuori dal controllo della singola organizzazione pubblica, alle quali però si può rispondere – è questo uno dei punti chiave dell’articolo – con quei comportamenti organizzativi (es. neutralità, coerenza, trasparenza, rispetto, ascolto) che rendono tangibile quel concetto di “equità procedurale” (Wenzel 2002) che è alla base di un modello relazionale maturo.
Pierluigi De Rosa é funzionario dell'Agenzia delle Entrate - Direzione regionale Emilia-Romagna. Le opinioni espresse nell'articolo sono riconducibili all'autore e non rappresentano in alcun modo l'ente di appartenenza.