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L'avvento degli "umanoidi"

di Giovanni Santambrogio  |  Venerdì, 19 Giugno 2015

Può un robot compiere azioni intelligenti andando oltre le operazioni ripetitive che oggi svolge negli impieghi industriali? La risposta si trova in Umani e umanoidi, il libro di Roberto Cingolani e Giorgio Metta, pubblicato da Il Mulino. Gli autori, un fisico e un ingegnere, sono convinti che l’umanoide (la macchina con fattezze e comportamenti umani) sarà presto impiegato in compiti complessi nelle calamità naturali o nei conflitti diventando un “compagno del cittadino”; assisterà anziani e bambini, svolgerà lavori domestici o lo si vedrà all’opera come assistente di chirurghi in sala operatoria. 

Il saggio illustra gli sviluppi della robotica, le frontiere raggiunte, quelle che sono a portata di mano e quanto accadrà nel medio periodo della ricerca. E’ il racconto aggiornatissimo di una scienza applicata e nello stesso tempo la testimonianza dell’eccellenza italiana. Cingolani è direttore scientifico dell’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova (IIT) mentre Metta all’IIT dirige l’iCub Facility, curando lo sviluppo del robot umanoide iCub pensato nel 2004, diventato in seguito progetto europeo, nel 2009 presentato al pubblico e continuamente in progress. 

Entrambi gli studiosi sono conosciuti a livello internazionale. Cingolani è stato nello staff del Max Planck Institut di Stuggart, è visiting professor all’Università di Tokio e professore aggiunto alla Facoltà di ingegneria di Richmond in Virginia; Metta è professore di Robotica cognitiva all’Università di Plymouth, dopo una esperienza all’MIT di Boston. 

Nell’attività di ricerca avanzata, l’IIT non è solo. L’Italia da sempre è una punta di diamante nella robotica grazie a una realtà fatta di Politecnici, Cnr, Sant’Anna che, messa insieme, costituisce una massa critica unica in Europa e in grado di competere con gli Usa. Non a caso, alla prima edizione del Darpa Robotics Challenge di Los Angeles (5-6 giugno 2015) il più temuto competitor sia stato l’Istituto di Genova con il suo “Walkman”, un umanoide di 100 kg, alto 1,85 metri. «E’ un riconoscimento - ha detto Cingolani a Harvard Business Review Italia - del nostro Paese con le sue capacità di giocare un ruolo determinante nello sviluppo della robotica e, in particolare, nella definizione degli standard tecnologici di una delle principali tecnologie del futuro». 

I robot realizzati finora, però, non garantiscono le interazioni che ingegneri, informatici e ricercatori vorrebbero stabilire tra macchine e uomini. «Il salto si compie con un approccio bio-ispirato - sostiene Metta. Studiando sempre di più la natura e la complessità umana possiamo trarre indicazioni da trasferire sulle macchine con soluzioni biomimetiche per il movimento e il controllo delle azioni».

L’umanoide costituisce la sintesi delle tecnologie più avanzate come information technology, nanotecnologie, meccatronica, scienza della vita. Gli esperimenti di dialogo tra intelligenza e movimento stanno producendo evoluzioni che perfezionano le capacità dei robot. Le tecnologie rispondono sempre di più alla caratteristica dell’interattività, così l’umanoide supera la fase del semplice attuatore di comandi. E’ una macchina che interagisce. 

Un apporto significativo per raggiungere questi traguardi arriva dagli studi sul rapporto corpo-mente. Dice Cingolani: «Le scoperte che man mano si fanno sull’influenza e sul contributo del corpo all’attività del cervello ci offrono suggerimenti da trasferire nella meccatronica, che si perfeziona riproducendo comportamenti prossimi alla complessità umana. Se in natura il corpo aiuta la mente e questa trasferisce input alle parti del corpo in stretta relazione simbiotica, una tale interazione va imitata e riprodotta riducendo la separazione tra intelligenza e struttura esistente nella macchina. Lavorare sulle conoscenze corpo-mente aiuta a ricreare il nesso nel robot». Un’altra frontiera dell’IIT è rappresentate dalla creazione di “quadrupedi” in grado di operare in situazioni estreme dove l’uomo non può agire né può servirsi di macchine come a volte accade nelle calamità naturali. Qui possono intervenire “mani” e “occhi” (telecamere) di robot. Così come la robotica potrà assolvere compiti nella riabilitazione o fornire protesi intelligenti in grado di restituire alla persona facoltà perse. Le sfide non mancano. 

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