A parte quelle cruente, l'umanità ha attraversato varie rivoluzioni: agricola, industriale, informatica ed è ora entrata nel vortice di quella digitale. La parola rivoluzione eccita e al contempo spaventa, perché porta mutazioni nelle cose e nei comportamenti, hard e soft. L'uno attira, l'altro può preoccupare, perché riguarda la persona e il suo interagire. In famiglia, nella scuola, nella società civile, nelle aziende. Queste ultime cercano di proteggersi creando involucri culturali di condivisione dei valori e di adesione a una comune identità. Chi vuole interagire con le aziende, deve saperne comprendere le specifiche culture. In azienda si lavora allineati e apparentemente protetti sino a quando nuovi eventi provocano inattese discontinuità che impattano sulla cultura.
Si cercano competenze diverse, più in linea con le nuove esigenze, alcune hard, molte soft. Ma le skills, chi le insegna? Eppure sono fondamentali, visto che una debolezza in questa area costituisce per i manager la principale causa di interruzione del rapporto di lavoro. Propensioni, attitudini, rapporti con gli altri, comportamenti: l'intangibile gestione della condivisione. Un vero universo nel quale tutto ha il suo peso. Il soft che spesso batte l'hard. Il comportamento resta un tema appassionante, strettamente legato alla natura umana, inalterata a prescindere dal tempo e dalle rivoluzioni.
In questo articolo l'autore compie un salto di duemila anni nel passato e propone un'immaginaria conversazione tra un manager di oggi che si confronta con un gruppo di filosofi, che si esprimono con una voce comune, come Seneca (Corduba 4 a.c.- Roma 65 d.c.), Platone (Atene 428 a.c. - Atene 348 a.c.) e Plutarco (Cheronea 46 d.c.- Delfi 125 d.c.).