Applicare la scienza all’arte della strategia

  • di A.G. Lafley, Roger L. Martin, Jan W. Rivkin e Nicolaj Siggelkow


  • Strategia e Concorrenza


Molti manager si sentono frustrati nel dover contrapporre l’inutile rigore della pianificazione strategica convenzionale alla creatività casuale delle alternative. Infatti, i due approcci possono essere riconciliati per produrre nuove, ma realistiche, strategie. La chiave è riconoscere che la tradizionale pianificazione strategica, nonostante tutte le sue analisi, non è realmente scientifica: le mancano l’attenta generazione e l’effettuazione di test sulle ipotesi che sono al cuore del metodo scientifico. Gli autori presentano un processo di elaborazione della strategia che combina rigore e creatività. Un team inizia a formulare delle alternative, o possibilità, e si chiede cosa si deve avverare perché ciascuna di esse abbia successo. Una volta elencate tutte le condizioni, ne stabilisce la probabilità e ne identifica contestualmente le relative barriere. Il team, quindi, testa le condizioni degli ostacoli-chiave per verificare quali siano realmente effettivi. Da qui in poi scegliere la strategia è semplice: il gruppo deve solo rivedere i risultati dei test e scegliere la possibilità con il numero minore di seri ostacoli. È questo il percorso scelto da P&G alla fine degli anni Novanta, quando cercava di diventare uno dei principali protagonisti globali nei prodotti per la cura della pelle. Dopo avere testato le condizioni di ostacolo per diverse possibilità alternative, optò per una coraggiosa strategia che avrebbe potuto non emergere mai in un processo tradizionale: reinventare Olay come prodotto di prestigio venduto anche a consumatori di massa. Il nuovo Olay ebbe successo molto oltre le aspettative, dimostrando ciò che può succedere quando i team passano dal chiedersi “Qual è la risposta giusta” per concentrarsi invece nel capire “Quali sono le domande giuste?”.

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