Il prodotto interno lordo è stato a lungo il parametro principale su cui misurare il successo nazionale. Ultimamente, però, si è parlato molto – fra economisti e leader mondiali – di cambiare orientamento. Il PIL è sotto attacco per tre motivi principali: il primo è che è imperfetto per sua stessa natura, perché non tiene conto di moltissima attività economica (lavoro domestico non retribuito, per esempio) e poi perché, essendo una cifra unica che dovrebbe rappresentare sistemi ampi e complessi, è inevitabilmente distorto. Secondo, non riesce a conteggiare la sostenibilità economica e ambientale. E, terzo, esistono parametri alternativi che sono già disponibili e che potrebbero riflettere in modo molto migliore il benessere, tenendo conto di fattori come i risultati scolastici, la salute e l'aspettativa di vita. Justin Fox di HBR passa in rassegna i punti di vista storici e attuali sul modo in cui vada valutato il progresso nazionale, da Jeremy Bentham a Robert Kennedy, fino a Nicolas Sarkozy, occupandosi anche della direzione in cui potrebbero farci andare. Fox trova che, finora, il successo maggiore della campagna per soppiantare o, perlomeno, integrare il PIL sia rappresentato dallo Human Development Index delle Nazioni Unite, in cui gli Stati Uniti non hanno mai rivendicato il primo posto.Titolo originale: The Economics of Well-Being, HBR, gennaio-febbraio 2012.