Sono stata recentemente colpita da una cosa detta da John Rice di GE su come sviluppare dei leader esperti sul piano internazionale. Rice è vicepresidente e capo delle operazioni globali di una multinazionale che sta facendo un eccellente lavoro per, come la mette lui, «ottimizzare il grande e globale con il locale». Cosa serve per sviluppare i talenti necessari? «E’ un’arte e una scienza», ha detto Rice.
Ciò che mi ha colpito è stato che nel pensare alla carenza di leadership che angustia oggi le multinazionali emergenti – aziende con ambizioni globali in mercati a rapida crescita come Brasile, Cina e India – la maggior parte di noi si è concentrata troppo sulla scienza e non abbastanza sull’arte. Non è un segreto che queste aziende stiano lottando con il problema della carenza di talenti. Il problema nasce dal fatto che i gruppi dirigenti del più alto livello difettano di esperienza internazionale. Le pipeline manageriali interne sono esigue e costringono le aziende ad attingere dai concorrenti i talenti che occorrono, il che provoca i numerosi problemi di turnover elevato e inflazione retributiva. Pochi hanno risolto il problema di come pagare e trattenere gli high performer in mercati per loro stranieri. E malgrado i leader di livello C possano avere una visione strategica di come si potrebbero coltivare i talenti, non sono sempre capaci di diffonderla nei ranghi dell’organizzazione.
Le aziende dei mercati in forte crescita sono ben consapevoli che questi problemi limitano in misura critica la loro espansione internazionale. Quando la mia organizzazione ha commissionato un’indagine su oltre 800 dirigenti di 35 Paesi, neppure un terzo di essi ha espresso una gran fiducia sulla capacità del loro top management di elaborare e applicare una strategia globale per i talenti.
Ha dunque senso che le multinazionali emergenti stiano ricorrendo alla scienza pionieristica delle aziende occidentali, le best practice di organizzazioni che si sono internazionalizzate per decenni. L’esperienza suggerisce, per esempio, che i candidati alla promozione a posizioni manageriali più elevate debbano avere fatto delle esperienze fuori dai loro mercati nazionali. Questo a sua volta consiglia che i processi tramite cui gli alti potenziali vengono sviluppati e gli incarichi internazionali vengono assegnati debbano essere integrati. Altre pratiche comprendono l’allineare gli obiettivi di carriera individuali con le strategie di business complessive, utilizzando indicatori uniformi per gestire il management e investendo su piattaforme formative coerenti su scala globale.
Tutti questi sono saggi consigli. La mia preoccupazione, basata su ciò che ho visto in giro per il mondo, è che possano non bastare. A meno che un’azienda non rifletta anche sull’arte della leadership globale, non realizzerà mai il suo pieno potenziale sulla scena mondiale.
Per “arte” intendo valori e abitudini difficili da misurare o instillare mediante processi per fasi, ma che emergono con evidenza nella cultura delle aziende migliori. Parlo di un impegno per una leadership coinvolgente. I leader che mettono assieme team di alti performer, che realizzano più di quel che è la somma delle diverse parti, danno valore alle differenze anziché limitarsi a tollerarle. Hanno curiosità per le altre culture e sanno come vagliare le loro stesse ipotesi. Incoraggiano le discussioni, dibattono attivamente punti di vista contrastanti e incoraggiano i team a pensare in modo creativo, mentre al contempo perseguono una missione comune.
È probabile che la maggioranza dei leader ritenga di essere molto coinvolgente. La diversity, dopo tutto, è un dato di fatto per qualsiasi azienda globale e quasi tutti accettano l’idea che le persone di talento presentino tutti i tipi di background, genere, età ed esperienza. Ma nella pratica occorre tempo per stare ad ascoltare persone che esprimono le loro idee con uno stile o un accento a noi poco familiare. Occorre umiltà per accettare che qualcun altro possa avere un’idea migliore. Ci vuole pazienza per mediare un conflitto di orientamenti culturali.
Così come le aziende adottano gli strumenti e i processi di una gestione dei talenti di classe mondiale, devono anche pensare a come investire in questi punti di forza più sottili. Apprendere la scienza della leadership consentirà alle aziende di continuare a crescere. Ma solo padroneggiando l’arte della leadership diventeranno dei giganti.