Negli ultimi vent’anni la contabilità basata sul “fair value” – la pratica di misurare attivo e passivo secondo stime del loro valore corrente– è stata in ascesa, segnando una importante presa di distanza da una tradizione secolare di tenuta dei libri a costi storici. Perché è successo? L’autore – che insegna Business Administration alla Harvard Business School – ha una risposta: i membri del Financial Accounting Standard Board, che definisce gli standard dei General Accepted Accounting Principles (GAAP) negli Stati Uniti sono venuti nei decenni scorsi sempre più dal settore dei servizi finanziari.
Ramanna fornisce forti prove che questi dirigenti preferiscano il fair value e adduce diversi motivi al riguardo. Primo, le banche d’investimento e gli asset manager sono abituati a usare il fair value nelle loro operazioni quotidiane. Secondo, i profitti GAAP definiti sulla base del fair value invece che sui costi storici accelerano l’individuazione dei guadagni, specie in periodi di prezzi crescenti degli asset. Terzo, l’uso del fair value per determinare l’impairment dell’avviamento da attività di M&A può incidere meno sugli utili, spingendo potenzialmente le attività di M&A, che sono una fonte importante di entrate per le banche d’investimento.