Gli equilibri di potere nel mondo stanno cambiando. Ovviamente in sé questa non è propriamente la notizia del giorno: gli equilibri di potere si spostano costantemente, giorno per giorno, anno dopo anno, secolo dopo secolo. Le classi sociali si avvicendano, gli imperi crollano, le civiltà declinano. Le aziende trionfano e poi, d'improvviso, talvolta scompaiono. Il punto è dunque capire cosa oggi stia cambiando in modo radicale e quali effetti ciò avrà sulla nostra realtà. Se lo chiedono in un più che interessante articolo Heimans e Timms, che non sono né degli storici né dei politologi, né tantomeno gli usuali autori di Harvard Business Review, spesso docenti, consulenti o guru di varia estrazione e disciplina e di fama mondiale. Sono due poco conosciuti rappresentanti di nuove forme di aggregazione sociale abilitata dalle nuove tecnologie info-telematiche: tipico esempio, Avaaz, di cui Heimans è cofondatore.
Un Carneade fra i tanti, potrebbe pensare il Don Abbondio di turno, ma così non è. La riflessione di fondo riguarda l'emergere di un "nuovo potere" che sta avanzando e tende a rimpiazzare in molti ambiti il "vecchio potere". Cosa abilita il nuovo rispetto al vecchio? In primo luogo la condivisione e la partecipazione, la voglia delle persone di esserci, di esprimersi e di contare individualmente e come "folla", di mettere in discussione equilibri di governance dati finora per scontati e inamovibili. Alla base, naturalmente, le nuove tecnologie, internet, le community, i social, i peer-to-peer, l'open source, l'autoproduzione di dati, informazioni, servizi e tra poco anche prodotti fisici. Un mondo nuovo in cui le radici del vecchio potere come il denaro, la politica tradizionale, la supremazia economica, la dimensione ipertrofica, l'accumulazione e l'esclusivismo perdono rilevanza.
O così sembra. Il saggio è ricco di analisi e intuizioni, ma è orbo di una domanda fondamentale (e soprattutto di una risposta) che non sta nel distinguere fra vecchio e nuovo potere, ma fra potere reale e potere apparente, tra potere concreto e praticabile e potere auspicato e illusorio. Il nuovo potere è reale o è il Gattopardo in versione wearable che passa da alcune, poche mani ad altre, sempre esclusive anche se un po' diverse?
Citano appropriatamente Heimans e Timms la definizione di potere di Bertrand Russell, ossia "la capacità di produrre effetti intenzionali". Nel suo recente libro La fine del potere, Moises Naim ne propone una non lontana: "la capacità di indirizzare od ostacolare il corso o le azioni future di gruppi e individui". Nel XVI secolo Machiavelli scrisse il suo celeberrimo saggio sul potere (Il Principe), definendolo "l'ambizione più normale e naturale che ci sia". Poi Hobbes (Il Leviatano) confermò la visione della lotta senza tregua per il potere "che cessa solo con la morte". E Nietzche a fine Ottocento in Così parlò Zarathustra: "Ogni volta che ho trovato un essere vivente ho anche trovato volontà di potenza". Qualche anno fa il politologo americano Robert Kagan riprese in Paradiso e potere la visione hobbesiana, attribuita all'America, in contrasto con quella della "pace perpetua" kantiana, sperata dall'imbelle Europa. E si potrebbe continuare a lungo, riprendendo le tesi di Charlie Kupchan in Nessuno controlla il mondo, di Niall Ferguson nel suo studio sul potere americano (Il grande declino), l'eccellente libro di Jospeh Nye, Leaderhip e potere, che introduce la distinzione fra potere soft e hard, senza dimenticare il saggio istituzionale di Sabino Cassese Chi governa il mondo ?.
Nella percezione collettiva e nella letteratura sia politica sia economica e di business il potere è ampiamente studiato e analizzato, spesso sotto la definizione di leadership, o di mancanza di essa. Al centro, come nelle opere citate, stanno di norma Paesi e Governi, istituzioni politiche o economiche e finanziarie, grandi e grandissime aziende con fatturati pari a quelli di interi Paesi, partiti, sindacati, gruppi e organizzazioni non governative, ma anche singoli individui di enorme ricchezza e/o carisma personale. Ma le folle? O che bizzarria è mai questa. Non si starà sostenendo che il potere, vecchio o nuovo ma certamente "quello vero", sia minacciato dai tweet di adolescenti brufolosi e da chat di nerd smanettoni? Che la forza dei tablet possa competere con quella dei flussi finanziari di Wall Street, Londra e Pechino? Che la leadership nelle imprese possa traballare perché i dipendenti si scambiano note sui vertici e sui board?
Attenzione, dicono Heimans e Timms: il vostro mondo sta cambiando e per molti versi è già cambiato, e le nuove logiche non possono essere comprese sulla scorta delle vecchie. La sharing economy è un dato di fatto, il crowdfunding anche, l'additive manufacturing toglierà potere al tradizionale modo di produrre, la condivisione peer-to-peer svuota di significato i soliti marketing e pubblicità, l'informazione universalmente disponibile e ubiqua toglie potere dalle mani dell'offerta per metterlo nelle mani della domanda, da quelle della produzione a quelle di un consumo non più solo passivo.
Molti cittadini (e molte imprese) dormono ancora, ma molti altri, specie fra i giovani, vogliono diventare o ridiventare citoyens. Cambiano i modelli e cambiano i valori. Ed è meglio che nessuno resti lì a guardare pensando che si tratti di business as usual.