Perché è così difficile acquisire e mantenere la capacità di innovare? La ragione non sta soltanto nelle difficoltà esecutive ma nell’incapacità di elaborare una strategia di innovazione che sintonizzi gli sforzi in questa direzione con la strategia di business nel suo insieme.
Senza una tale strategia le aziende faticano a valutare i pro e contro di diverse pratiche, quali il crowdsourcing e la customer co-creation, e rischiano di ritrovarsi immerse in un’accozzaglia di approcci scarsamente coordinati tra loro. Incontreranno difficoltà nel progettare un sistema di innovazione coerente che risponda alle loro necessità competitive nel tempo e saranno tentate di scimmiottare quello di qualcun altro. Sarà anche difficile per loro indirizzare solidalmente le diverse parti dell’organizzazione verso priorità condivise.
Come ha sperimentato Corning, azienda leader nel settore del vetro e della scienza dei materiali, una strategia dell’innovazione deve definire come quest’ultima creerà valore per i potenziali clienti, come l’azienda tratterrà per sé una parte di quel valore e quali sono le tipologie di innovazione da perseguire. I critici tendono a sminuire l’innovazione “di routine”, che sfrutta le capacità tecniche e il modello di business esistenti in un’azienda, mentre esaltano l’innovazione “dirompente”; ma si tratta di una visione semplicistica. Dovrebbero essere le peculiari circostanze competitive dell’azienda a dettare il portafoglio di innovazione da perseguire.
Poiché l’innovazione è trasversale alle diverse funzioni, inoltre, soltanto il senior management può stabilirne la strategia. E nel farlo deve riconoscere come, al pari del processo stesso dell’innovazione, essa richieda sperimentazione e adattamento costanti.