VIVIAMO IN UN MONDO PIENO DI CONTRADDIZIONI, e va bene, si sa. Ma perché accettarle se ci facciamo del male? Per esempio, se le persone sono la vera risorsa per competere e per vincere e vanno, come si dice sempre, messe al centro dell’azienda, perché poi gli specialisti che le devono trovare, reclutare, gestire e sviluppare costituiscono spesso una funzione ancillare, relegata a mera gestione amministrativa e accura- tamente tenuta lontana dal vertice dell’organizzazione? Che non tutti i direttori del personale si siano evoluti in sintonia con le esigenze e i cambiamenti è certo una realtà, ma non è giunto il momento di una ampia ri- considerazione del ruolo delle HR in azienda, della costruzione di una funzione e di un ruolo più coerenti con l’obiettivo prioritario di esaltare l’importanza delle persone, in primis i talenti, dell’avvicinare il responsabile HR alla stanza dei bottoni e di neutralizzare quella contraddizione che porta danni a tutti?
Di questo parliamo nella sezione speciale di questo numero di Harvard Business Review Italia, che non a caso si intitola “ripensare la funzione Risorse umane”. E il momento lo richiede. L’attuale fase di sempre più accelerata trasformazione innescata in primo luogo dal digitale rende il ripensamento ancora più urgente e necessario. Cambiano i parametri competitivi, cambiano i modelli di business, cambiano le competenze richieste dal nuovo mondo che si sta creando. E quanto più la tecnologia avanza e permea la nostra vita e il nostro lavoro, tanto più l’elemento umano è destinato a fare la differenza.
Certo, questo comporta ripensare il ruolo delle persone e le relative competenze a partire dalla scuola, o anche prima. E il ripensamento ci deve accompagnare costantemente anche nelle fasi successive di istru- zione e addestramento. Ad esempio, deve indurre la società a investire di più in conoscenze, ma soprattutto in quelle che ormai vengono definite come light skills, ossia le capacità di ragionamento, correlazione, em- patia, flessibilità, adattamento ai contesti, lavoro di squadra, immaginazione e fantasia.
Si tratta di un’evoluzione che complica il quadro delle HR di oggi e domani perché la trasformazione in atto richiede di essere prima di tutto compresa e quindi adeguatamente affrontata. I modi per farlo sono molte- plici e negli articoli di questo numero i suggerimenti abbondano. Al primo posto una indicazione: i direttori HR devono sviluppare una attitudine che consenta loro di collaborare più efficacemente con i CEO e con i responsabili delle altre funzioni nel predisporre un punto di vista su tutte le problematiche di personale rile- vanti per l’azienda. Questo significa che i responsabili delle Risorse umane devono possedere le competenze specialistiche che li riguardano, ma anche conoscenze di prim’ordine sugli obiettivi strategici dell’azienda. E il successivo corollario è che, per fare ciò, il direttore HR deve avvicinarsi al CEO ed essere posto in una posizione di vertice che, analogamente a quanto è storicamente stato fatto con molti CFO, gli consenta di svolgere questo sempre più rilevante ruolo. Il suggerimento è addirittura di creare un G3, ossia un comitato di vertice che unisca CEO con CFO e CHRO in un efficace organismo di conduzione dell’organizzazione.
Nel numero di giugno di questa rivista abbiamo affrontato il tema dei grandi cambiamenti tecnologici che si stanno avvicendando a ritmi crescenti e che sono destinati a moltiplicarsi e ad accelerare ulteriormente nel prossimo futuro. Abbiamo chiamato in causa, big data, internet delle cose, prosumers e stampa 3D, ma anche la nuova era delle macchine e la imminente sostituzione del lavoro intellettuale con i robot e le macchine di nuova generazione.
Il mondo sta cambiando, tutti noi stiamo cambiando, e la nostra cultura sta cambiando. Anche l’HR deve cambiare prontamente e non limitarsi ad accompagnare, ma essere in prima fila a condurre la trasforma- zione in atto.