L’empatia impazza, ovunque. È ritenuta un’abilità di leadership fondamentale, che incide sulla capacità di influenzare i membri dell’organizzazione, di prevedere le preoccupazioni dei portatori di interessi, di rispondere ai follower sui social media e persino di condurre le riunioni in modo migliore.
Ma ha i suoi limiti.
Ha un costo mentale ed emotivo e può addirittura ostacolare il giudizio etico. Inoltre è una risorsa finita: più ne dedichiamo a una persona o a un gruppo, meno ne rimane per gli altri. Se i lavoratori di un’organizzazione sono spinti a dare continuamente fondo alle proprie riserve di empatia, questo può nuocere alla prestazione individuale e aziendale.
Grazie ad alcune semplici strategie i manager possono evitare gli effetti negativi dell’empatia e promuovere quelli positivi. Primo, possono chiedere alle persone di concentrarsi su alcuni gruppi di portatori di interessi e non di capire ed empatizzare sempre e comunque. Secondo, possono aiutarle a rispondere alle necessità altrui in modi che vanno incontro anche alle proprie, evitando così che finiscano per sentirsi impoverite da ogni interazione. E terzo, possono concedere loro delle pause nell’esercizio di questa “virtù”, un stacco in cui sono libere di concentrarsi esclusivamente sui propri bisogni personali e così ricaricare le proprie riserve di empatia.