L’impegno nel lavoro, sostiene l'autore, favorisce il benessere generale dell’individuo, ma a sua volta il benessere pone la persona nelle condizioni migliori per dispiegare appieno le proprie energie nell’attività professionale. Gli anni passati hanno visto una forte attenzione da parte delle leadership aziendali al tema dell’engagement delle persone: si è compreso che la componente discrezionale della prestazione individuale può conferire un contributo essenziale al buon funzionamento dell’organizzazione, in mercati dove la qualità del servizio, l’efficienza e l’innovazione sono diventati la chiave del successo.
Spingere, tuttavia, soltanto sulla dedizione delle persone può rivelarsi limitato e rischioso. Limitato, perché non coglie per intero i fattori che rendono gli individui impegnati e creativi; rischioso, perché si espongono le persone a potenziali situazioni di burn out. Ecco perché, dopo aver compreso come focalizzarsi sui fattori specifici dell’engagement, sia necessario oggi allargare lo sguardo, per abbracciare anche quei fattori complementari, senza i quali l’engagement può rivelarsi non sostenibile.
Uno degli aspetti a cui estendere l’attenzione è il benessere, vale a dire la misura in cui l’individuo sente di potersi realizzare professionalmente, e vivere nel lavoro un’esperienza psicologicamente equilibrata.