Il progresso economico della Cina è stato così abbagliante che spesso si tende a dimenticare che anche la Cina Inc. ha avuto i suoi fallimenti. Pensiamo alle prime acquisizioni extra-nazionali che ha fatto. Molti di quegli accordi di alto livello (compresa l'acquisizione da parte di TLC della francese Thomson, la scalata da parte della SAIC della coreana Ssangyong Motor Company e l'acquisto dell'americana Murray, Inc. da parte del D’Long Group) sono finiti male. Per i cinesi, però, fallire non significa cadere, quanto rifiutarsi di alzarsi. Hanno cambiato linea, modificando il tipo di obiettivo e il fondamento delle loro fusioni e acquisizioni.Gli acquirenti cinesi hanno imparato a tenersi alla larga da accordi che prevedano costose ristrutturazioni o processi di integrazione complicati. Invece di comprare marchi, reti di vendita e avviamento, vanno alla ricerca di asset solidi, come i depositi minerari e le riserve di petrolio, oppure di tecnologia e ricerca e sviluppo all'avanguardia. Laddove una volta cercavano di comprare quote di mercati esteri, oggi si concentrano su acquisizioni in grado di aiutarli a rafforzare la loro presenza in Cina. Il dato più significativo è che sono più disposti a ritirarsi, forse uno dei segnali più inequivocabili di una raggiunta maturità in ambito di M&A.