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Be personal, not (only) promotional

di Francesca Negri  |  Giovedì, 22 Gennaio 2015

Francesca Negri, Phd, è docente di Social Media Marketing presso il dipartimento di Economia dell'Università di Parma.

Il cambiamento che le imprese devono affrontare per cogliere le opportunità offerte dai Social Media, nonché minimizzarne le minacce, è di grande portata e non riguarda solo i campi del Marketing. Molti investimenti e molta formazione interna hanno riguardato gli ambiti del Marketing, delle Information Technology, delle Relazioni Pubbliche e del Legal. Questi aggiornamenti sui contenuti sono stati inoltre accompagnati da una profonda riorganizzazione aziendale, portando in molte occasioni alla formazione di team interfunzionali. In alcuni casi, spinte dalla velocità di diffusione e dalla pervasività dei Social Media, le aziende hanno focalizzato la propria attenzione proprio sugli aspetti più tecnici e di organizzazione, dovendo integrare velocemente, anche attraverso collaborazioni esterne, le competenze mancanti.

Poca attenzione è stata posta al profondo cambiamento di prospettiva che il Web 2.0 impone alle imprese, un cambiamento che deve venire prima delle innovazioni tecnologiche, digitali e del marketing. Un mutamento di prospettiva necessario, che deriva da una semplice quanto angolare considerazione: le persone (noi!) non amano la pubblicità sui Social Media. Molti autorevoli contributi, di natura accademica e manageriale, dimostrano che i cosiddetti “paid” e “owned media” rappresentano per le aziende una scelta onerosa e spesso poco efficace per attrarre l’attenzione delle persone sui Social Media e attivare un alto livello di “engagement”. Gli stessi Social Media (Facebook, fra tutti) dichiarano nei loro business model di essere spaventati dal ruolo che la troppa pubblicità ricopre nei tassi di abbandono delle piattaforme social e, per questa ragione, affermano di voler dare sempre minore visibilità ai contenuti “paid” avvantaggiando la crescita organica. Qual è dunque la chiave per ottenere una crescita organica? “Be personal, not only promotional”. Sorridono i miei studenti della laurea magistrale in Trade Marketing e Strategie Commerciali di Parma quando offro loro questa chiave di interpretazione così semplice. Un po’ meno le aziende, che ne intuiscono la portata “disruptive”, andando oltre l’apparente linearità del pay off.

“Be personal, not only promotional”. Un cambiamento di prospettiva, di mentalità che deve partire dal top management, per poi essere comunicato e condiviso dall’intera organizzazione, fino al front end, e che deve venire prima dei tecnicismi, della scelta dei canali da aprire sui social e della redazione del piano editoriale. Il Web 2.0, del quale i Social Media sono la principale essenza, richiede alle imprese di cambiare approccio, integrando la vocazione “promotional” con quella “personal”. Non si chiede alle imprese di smettere di fare il proprio mestiere, ci mancherebbe. Quello che si chiede alle aziende che si accingono ad aprire e gestire una presenza attiva sui Social Media è di aggiungere alla propria vocazione promozionale una componente "personal”. Partendo da un semplicissimo, quanto spesso ignorato, presupposto: le persone usano i Social Media per leggere e conversare con altre persone. Non per vedere pubblicità. Anche se queste pubblicità sono bellissime e creative.

L’esperienza ci insegna che gli account non personali (riferiti cioè ad attività commerciali o personaggi pubblici e dello spettacolo) che hanno maggiore successo in termini di crescita organica ed engagement hanno due requisiti. Primo, offrono alle persone stralci della propria quotidianità che in genere resta lontano dai riflettori. Secondo, non parlano la lingua sofisticata del marketing con contenuti promozionali più o meno palesi, ma quella di tutti giorni. Sono cioè aziende o personaggi pubblici che condividono con i propri fan momenti della propria quotidianità che fino a poco prima erano esclusiva della cerchia ristretta attorno a loro, e che si rivolgono alla community online senza il classico approccio top down ma peer to peer, per tono e contenuti.

Vince l’Internet chi sa adattare il tono della comunicazione e i contenuti della conversazione ai diversi contesti: sul sito di e-commerce continua a essere solo “promotional”, ma quando approccia i Social Media bilancia l’anima “promotional” con quella “personal”. Non è facile, ma funziona. Nel nostro piccolo, lo facciamo anche noi. Immaginate una cena, dove si arriva senza conoscere bene i commensali che invece, tra di loro, si conoscono bene e da lungo tempo. Immaginate che la conversazione sia animata: si sta parlando dell’ultimo film di Woody Allen. Ed ecco che l’ultimo arrivato, che non conosce bene nessuno, si inserisce nella conversazione con uno spot promozionale dei prodotti che vende. Immaginate l’imbarazzo che ne consegue. La situazione oggi è tale per cui i commensali (le persone) trovano fuori luogo l’uscita (be promotional) del nuovo arrivato (le aziende) in una situazione informale come una cena tra amici (i Social Media), mentre il nuovo arrivato non se ne accorge e si interroga soltanto sul ROI del proprio contributo alla conversazione.

Il ripensamento è più profondo, rappresenta un cambio di prospettiva, e richiede alle imprese di fare qualcosa che prima non era forse nemmeno immaginabile: imparare a essere “personal, not only promotional”.

 

Francesca Negri
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