Alessandra Colonna è managing partner di Bridge Partners® e autrice del libro “Il Manager della Negoziazione - Creare valore e capitale sociale in azienda”
Condividere riflessioni costruttive, per promuovere una cultura e soprattutto una pratica dell’errore, affinché esso possa riacquistare il suo ruolo di grande quanto spesso sprecata risorsa, a livello individuale come aziendale. Questo l’intento della quarta edizione del tradizionale workshop annuale organizzato da Bridge Partners® sui temi della managerialità e trasversali alle organizzazioni. Tenutosi a Milano lo scorso 22 maggio, ha rappresentato il corollario dell’indagine svolta nei primi mesi dell’anno su una significativa rappresentanza di manager riguardo a come viene vissuto l’errore in azienda.
Proposte concrete per praticare l’errore in modo costruttivo
L’obiettivo dell’incontro era quello di lanciare proposte concrete per valorizzare l’errore sulla base di una premessa concettuale, scontata ma doverosa, ossia che l’errore è parte dell’essenza dell’uomo nel suo percorso di sviluppo e di apprendimento. Ecco alcune delle proposte emerse:
1. Codificare gli errori: definire chiaramente e con trasparenza gli errori accettabili e gli errori non accettabili nelle singole organizzazioni.
2. Aumentare gli spazi di autonomia: accettare la commissione dell’errore come momento di apprendimento per l’individuo, ma anche di occasione di innovazione per l’organizzazione.
3. L’indagine degli errori nei processi di selezione: se i candidati ne sono consapevoli non li ripeteranno da noi, ne metteranno a frutto l’esperienza e dimostreranno lucidità di giudizio.
4. La sezione degli errori nei curricula: aggiungere nei C.V. la parte dedicata alla descrizione degli errori e degli insuccessi e di come se ne è usciti.
5. Introdurre in azienda un budget per l’errore: come in certe aziende c’è un budget per l’innovazione e la ricerca, in ogni organizzazione, a prescindere dal core business, dovrebbe esserci un budget per l’errore.
6. Fare il bilancio dei costi e ricavi degli errori commessi in azienda.
7. Le riunioni di bad practice: indire riunioni da parte dei capi con i collaboratori per condividere errori e per capitalizzare le esperienze “fallimentari” vissute per creare network e supporto manageriale.
L’errore, forma di apprendimento e gioco sociale
“Queste modalità, se avviate con coraggio, magari gradatamente, potrebbero riportare l’errore alla sua reale dimensione: quella di forma di apprendimento e come tale di gioco sociale”, ha sottolineato Giovanna Leone, docente di Psicologia Sociale all’Università Sapienza di Roma. La Leone ha messo in luce come la naturale tendenza umana a cercare conferme determini la nostra paura a ammettere l’errore, perché l’idea fuorviante di base, comunemente diffusa, è: “Sbaglio dunque sono io a essere sbagliato”. “L’errore”, afferma la professoressa, “è figlio del ‘provare’: attività quella dell’esplorazione e della scoperta castrata, spesso già nel processo educativo, dove incide negativamente il ricorso a forme definite di sovraiuto benevolo che arrivano persino a evitare la commissione dell’errore stesso. Creando, invece, strumenti di autocorrezione, si mette in condizione il bambino, adulto del domani, di provare piacere nell’errore stesso e nel correggersi come forma di sviluppo cognitivo”. Il supporto dell’educatore non è dato dall’eliminare l’errore, ma dal chiedere: “Potevi fare qualcosa di diverso?”. L’importante è poter godere di uno spazio protetto, dove l’errore non generi reazioni ed emozioni svalutanti, imparando anche dal confronto con qualcuno più bravo di noi.
Introdurre in azienda un budget per l’errore
All’errore come forma di accettazione dei propri limiti si è ispirato l’intervento di Umberto Pelizzari, ex campione mondiale di tutte le discipline di apnea, che oggi mette a frutto la propria esperienza anche come consulente e formatore aziendale. Pelizzari ha posto in forte relazione l’errore con il piacere dell’esplorazione, la volontà di superare i limiti che noi stessi ci diamo e quelli impostici dogmaticamente da terzi, e l’innovazione in termini di nuove conoscenze, impossibili senza uscire dagli schemi imposti.
“L’errore va accettato nella sua dimensione di costo”, ha affermato il recordman italiano e a questo concetto si è agganciato Salvatore De Rienzo, consulente di Egon Zehnder, società leader nell’executive search, che ha suggerito l’idea di introdurre nelle aziende un budget per l’errore e che ha ricordato il valore del piloting, facilitatore del cambiamento. Molte aziende non hanno un approccio sano all’errore e costruiscono modelli di governance fondati sulla colpa. Di qui tempi biblici spesi non a lavorare, ma a cercare di individuare come prevenire l’imputazione di eventuali “colpe”. Anche De Rienzo ha richiamato il concetto di “errore accettabile e non accettabile”, individuando nel secondo l’idea di violazione di una norma valoriale e pertanto suggerendo l’opportuna introduzione nelle organizzazioni di una precisa e trasparente categorizzazione tra errori accettabili ed errori non accettabili, questi ultimi sanzionabili fino all’espulsione dal contesto.
A sua volta, Alberto Fusi, Chief Human Capital Officer di Erg, ha sottolineato il binomio errore - autonomia e relativizzato il concetto di errore nel raccontare la storia del bersaglio e dell’obiettivo di fare centro. Ma che cosa succede se non facendo centro colpisco una astronave che ci sta per distruggere impedendo una strage? Ho sbagliato? L’errore merita il giusto tempo di reazione ed è importante disporne: è un alibi quello che ci diamo di dovere rapidamente chiudere la partita dell’errore. Va metabolizzato, ripensato e rielaborato in termini di knowledge.
Come ricordava, in ultimo, Marco Delmastro, fisico ricercatore presso il Cern di Ginevra e il Cnrs francese, in un mondo non deterministico dove c’è spazio per l’errore non significa che si debba abdicare alla conoscenza, anzi l’errore può essere il più irrinunciabile degli strumenti per conquistarla.