Innovare nei processi di apprendimento con le nuove tecnologie

di Salvatore Garbellano  |  Lunedì, 19 Ottobre 2015

Salvatore Garbellano è docente a contratto di Modelli Organizzativi e HRM al Politecnico di Torino e autore del recente volume “Come le medie imprese di successo hanno superato la crisi”, Franco Angeli Editore

Negli ultimi anni molte imprese che sono riuscite a superare con successo la crisi hanno investito in processi produttivi di nuova generazione in cui robot, computer e know-how delle persone migliorano la qualità, incrementano la flessibilità e non meno importante riducono i costi. A fronte di una così profonda innovazione che ha consentito spesso di ottenere significativi risultati nei mercati globali vi è stata un’analoga innovazione nei processi di apprendimento delle persone e delle organizzazioni? 

La domanda non è rivolta soltanto ai responsabili della formazione, ma a tutti coloro i quali hanno la responsabilità di guidare i processi di trasformazione e cambiamento. Trovare soluzioni in tempo reale, accelerare le salite produttive dei nuovi prodotti, rendere più veloce l’avvio degli stabilimenti all’estero vuol dire infatti incidere direttamente sui risultati di business. Gran parte delle imprese ha utilizzato le tradizionali metodologie di apprendimento: aula, affiancamento, studio individuale, training on the job e in qualche caso video che presentano le modalità corrette per eseguire le operazioni. Soltanto in pochi casi sono state introdotte innovazioni significative: ad esempio nello stabilimento Maserati di Grugliasco gli operatori possono accedere a una banca dati che consente di individuare e condividere le buone prassi in grado di risolvere le criticità che emergono nello svolgimento delle attività operative. Qualora la banca dati non fornisca soluzioni adeguate c’è un’unità formativa dedicata che facilita i processi di problem solving. 

Oggi le nuove tecnologie consentono di sperimentare nuove forme di apprendimento: le tecnologie indossabili (quali i Google Glass e gli smart watch) offrono opportunità in particolare per i knowledge worker. Ad esempio i Google Glass, gli speciali occhiali collegati con internet, rendono possibile al docente o al responsabile di dialogare anche a migliaia di chilometri di distanza con chi apprende rimanendo sul proprio posto di lavoro e di seguire in tempo reale le attività operative di chi è in formazione. Allo stesso tempo chi apprende può visualizzare sui propri occhiali un documento o avviare un tutorial interattivo che lo guida nelle azioni necessarie al compimento dell’attività richiesta. Un’altra metodologia in via di sperimentazione è la “realtà aumentata” che fa convivere realtà fisica e virtuale: chi apprende agisce in un ambiente che riproduce con grande accuratezza il luogo di lavoro, può utilizzare gli strumenti di lavoro e allo stesso tempo dialogare con i personaggi presenti nella realtà reale e virtuale.

General Motors utilizza i Google Glass per formare i tecnici specializzati che operano nelle fabbriche. In Italia sono state realizzate le prime esperienze per i chirurghi e, di recente, diversi responsabili di formazione e manager hanno sperimentato l’efficacia della realtà aumentata direttamente sui Googe Glass per valutare le possibilità di concreta applicazione nei contesti di lavoro. L’interesse verso le nuove forme di apprendimento è ben giustificato:

- integrano competenze digitali e know-how industriale così da rinsaldare un fattore di competitività sempre più rilevante per le imprese italiane;

- rendono visibili i risultati dell’apprendimento in quanto integrano lavoro e attività di formazione; 

- sono coerenti con le modalità attraverso le quali i Millennial apprendono: costituiscono occasioni per attrarre i giovani che spesso hanno visioni parziali e incomplete del mondo della produzione;

- rappresentano un segnale tangibile di coinvolgimento diffuso sull’innovazione e hanno effetti positivi sulla motivazione delle persone;  

- consentono di allineare metodologie di apprendimento e competenze digitali alle nuove forme di produzione. Non si possono apprendere le logiche della nuova fabbrica basandosi esclusivamente sulle metodologie nate in contesti organizzativi molto diversi dagli attuali.

Thomas Davenport nel numero di giugno di “Harvard Business Review” afferma che è necessario sviluppare nelle imprese “la mentalità aumentata”, quella che permette di considerare le macchine intelligenti non come minacce ma come partner nei processi di soluzione creativa dei problemi. Le nuove forme di apprendimento non soltanto contribuiscono a superare le resistenze all’innovazione, ma, se ben gestite e integrate in percorsi coerenti di sviluppo, possono fornire un impulso rilevante alla creazione di una cultura industriale adeguata agli attuali contesti tecnologici e competitivi.

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