Offrire alle aziende una risposta concreta alle minacce terroristiche sempre più evidenti, oltre ad aiutarle a evitare incidenti sul lavoro. È questo l’obiettivo di una serie di corsi di formazione sulla sicurezza organizzati da Lexellent, studio legale specializzato nei problemi del lavoro. L’iniziativa, in cantiere da tempo, è stata accelerata dai fatti di Parigi, partendo dal presupposto che lo sviluppo di una cultura della sicurezza è essenzialmente l’arma di base contro la paura. Il primo corso si svolgerà il 17 febbraio e sarà tenuto da Francesco Bacchini, of counsel Lexellent e professore aggregato di Diritto del lavoro e Diritto delle relazioni industriali e sindacali presso la Scuola di Economia dell’Università di Milano-Bicocca.
“Il clima attuale rende sempre più urgente per i capi del personale rivedere che cosa si fa e cosa si dice in azienda sul tema della sicurezza”, osserva Sergio Barozzi, Managing Partner di Lexellent. “A cominciare dal DVR – il Documento di Valutazione dei Rischi – che non può più essere visto come un mero esercizio burocratico, ma diventa la base per rivedere le proprie procedure di sicurezza alla luce delle nuove minacce che non riguardano più solo gli obiettivi ‘sensibili’ tradizionali ma il pubblico in generale”.
L’obiettivo principale dei terroristi è generare nell’opinione pubblica un sentimento di impotenza e di paura. Evitare che qualcuno tenti di commettere attentati è, ovviamente, molto difficile. Ma gli strumenti per prevenire e reagire ci sono e fanno parte del bagaglio indispensabile per la gestione della sicurezza. Prima di tutto nei luoghi di lavoro. Qualche esempio:
- un punto di ritrovo esterno all’azienda in caso di allarme bomba (è molto più facile per un terrorista colpire le persone di un’azienda quando escono e stazionano sul marciapiede di fronte all’edificio che dentro l’edificio stesso);
- un “luogo sicuro” in caso di irruzione;
- la possibilità di sezionare e isolare i locali in modo da ritardare eventuali assalitori;
- procedure di evacuazione collaudate frequentemente;
- scale di emergenza a prova di irruzione;
- controllo degli accessi più rigoroso, da tenersi in aree da cui sia difficile accedere all’interno dello stabile;
- la possibilità di dare ospitalità a chi si trovi all’esterno e sotto attacco;
- predisporre un piano di irruzione nell’edificio in caso di attacco e dunque mettere in rete piantine aggiornate degli edifici, disponibili per le forze dell’ordine.
Devono essere poi sensibilizzati i dipendenti sulla necessità di segnalare in modo corretto e senza creare inutili allarmismi pacchi o valigie sospette, auto e furgoni ‘anomali’, la presenza ricorrente di estranei sospetti”, spiegano gli esperti di Lexellent. “È essenziale anche sapersi muovere nel caso in cui si diventi bersaglio di colpi d’arma da fuoco. Può essere vitale sapere che è più difficile costituire un bersaglio se ci si muove, se si è a distanza e se si studia l’angolo tra obiettivo e tiratore, la capacità di tiro di un’arma, realizzare la differenza tra un nascondiglio, che cela l’obiettivo agli occhi del killer, e un riparo che può anche proteggere da eventuali colpi di pistola”.
Fare cultura della sicurezza è il primo strumento per combattere il terrorismo. Ricordando che “il nemico” non è soltanto un pazzo armato di kalashnikov e di cintura esplosiva ma è costituito anche dal fatalismo, dall’approccio meramente burocratico, dal timore del ridicolo che paralizza. Molti rischi e molte paure potrebbero essere evitati se ci si liberasse da questi pericolosi ostacoli che rendono inefficaci tutte le misure di sicurezza.
Per informazioni: Studio Lexellent, tel. 02 8725171, e-mail: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo. , www.lexellent.it